Un tour al femminile tra robotica, ingegnere, tecnologia ed economia circolare
di Nicole Ticchi
Siamo a Genova, in una bellissima giornata di inizio ottobre, all’alba di un weekend che si era preannunciato piovoso, ma che sta dando tutti i segni di voler rimanere soleggiato e caldo.
Il ritorno agli eventi in presenza ha iniziato a facilitare nuovamente tutti quegli spostamenti e quelle occasioni di incontro che da diversi mesi a questa parte abbiamo dovuto rimandare e ci permette di incontrare finalmente dal vivo persone che fino a oggi abbiamo visto solo dal busto in su. Confermando che, oltre ad avere effettivamente le gambe, serbano davvero tante sorprese.

Fra le realtà con cui abbiamo avuto il piacere di collaborare spicca l’Istituto Italiano di Tecnologia, in particolare la sede di Genova, che ha mostrato una particolare attenzione alla valorizzazione delle carriere scientifiche delle donne in ambito tecnologico. Camilla Dalla Bona, comunicatrice scientifica della Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne, sarà la mia guida. Con IIT, in questo ultimo anno, abbiamo avuto la fortuna e il piacere di collaborare a diverse idee e oggi ha organizzato per me un tour tra laboratori di ricerca con uno schedule serrato ma davvero efficiente. Passeremo in rassegna diversi laboratori che si occupano di tecnologie avanzate – mi dice – e avremo il piacere di parlare direttamente con le ricercatrici che gestiscono i diversi progetti di ricerca. In un ambito come quello legato all’ingegneria e alla robotica non è facile trovare molte ragazze, ma oggi avremo modo di conoscerne diverse.
È la prima volta che mi trovo in questo luogo, ma ne ho sentito tanto parlare da conoscenti e amici che hanno avuto la possibilità di passarci del tempo, per una parte del loro percorso di formazione post-laurea o per lavoro. Le aspettative sono tante e – piccolo spoiler – vi dico già che non sono state per nulla disattese!
Il nostro tour è partito, concedetemi la licenza gergale, col botto. Per chi come me viene dall’ambito chimico ed è più abituata a ragionare su scala microscopica, vedere un piccolo esemplare di robot con una facciotta tonda e dolcissima, è stato un bel modo di iniziare.
Credo di non essere l’unica, perché anche a Carlotta Sartore, ingegnera e fellow presso il laboratorio AMI –Artificial Mechanical Intelligence, brillano gli occhi mentre descrive i dettagli tecnici del robot e della ricerca che vi si svolge attorno. Mi spiega che la linea di ricerca su iCub, il robot umanoide, si occupa di studiare la collaborazione uomo – robot, un tema che ha con interessanti prospettive sociali e che viene sempre più studiato anche dal punto di vista psicologico, per far sì che questa interazione sia percepita e accettata in maniera più serena. Anche per questo, le sembianze del robot sono studiate per non incutere timore, ma stimolare nell’essere umano che vi si trova davanti una sensazione di maggiore empatia.
Ma la ricerca va anche ad interessare l’aspetto della telesistenza, ovvero la possibilità di manovrare un robot da lontano compiendo i gesti che lui stesso riproduce all’istante, utile soprattutto nelle situazioni in cui per l’essere umano sia pericoloso agire senza mettere a repentaglio la propria sicurezza. Per questo motivo, un altro aspetto di questa ricerca si concentra sui robot umanoidi aerei, interessante campo di ricerca che nella robotica umanoide è ancora poco sondato, ma che permetterebbe di sfruttare ancora una volta la possibilità di eseguire attività potenzialmente pericolose da remoto e in tempi brevi.

Il nostro tour continua, sempre all’insegna della robotica, e approdiamo al laboratorio di Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation, dove incontriamo Maria Fossati, designer e tester di SoftHand Pro, e Alessia Ivani, ingegnera e fellow.
Mentre sorseggiamo un buonissimo caffè, Maria ci racconta dei numerosi progetti di ricerca svolti grazie ai finanziamenti ottenuti, tra cui diversi ERC, e, in particolare, della tecnologia sviluppata nell’ambito della robotica soffice industriale e protesica e di robot umanoidi tele-operati come avatar per l’uomo. SoftHandPro è una nuova protesi di mano robotica realizzata per ottenere un’implementazione semplice ed efficace delle sinergie umane. Sviluppato originariamente per l’industria dall’Istituto Italiano di Tecnologia e dal Centro Piaggio dell’Università di Pisa, SoftHand sta diventando una vera e propria protesi grazie a Natural Bionics, un progetto ERC Synergy e SoftPro, un progetto di ricerca H2020. Maria è tester di questa protesi, ha imparato a conoscerla meglio di chiunque altro ci stia lavorando e ha avuto modo di “pilotarla” anche durante una gara, dove si valutava l’efficienza nello svolgere alcune operazioni in competizione con altri gruppi di ricerca utilizzatori della stessa tecnologia. Gara che si è svolta a distanza e che ha portato a farle guadagnare un secondo posto!
Salutiamo Maria, Alessia e tutto il gruppo che ci ha accolte con entusiasmo e lasciamo la robotica soffice per andare a capire come questo tipo di ricerca può essere sfruttata per aiutare l’uomo in alcune mansioni lavorative a livello industriale, salvaguardando gli aspetti ergonomici e prevenendo infortuni e malattie legate ai lavori pesanti.
Nel laboratorio HRI2 – Human-Robot Interfaces and physical Interaction Lab, incontriamo le ingegnere biomediche Marta Lorenzini, post doc e Marta Lagomarsino, dottoranda, che si occupano di studiare l’interazione fisica tra uomo e robot e di sviluppare le interfacce che la rendono possibile. L’obiettivo ultimo della loro ricerca è introdurre in ambienti industriali e domestici robot collaborativi che aiutino fisicamente le persone a svolgere il loro lavoro in modo ergonomico e confortevole. Per rendere ancora più comprensibile questo concetto e come il loro approccio di indagine riesca a quantificare questa efficienza nella collaborazione, ci mostrano alcuni video in cui si vede chiaramente come il carico sulla postura dell’individuo che svolge un compito venga notevolmente ridotto nel momento in cui il robot posiziona gli oggetti in una maniera più confortevole. Altro aspetto interessante è quello della valutazione degli aspetti psicologici nell’interazione uomo-robot, come il grado di stress, che può essere valutato in tempo reale usando una telecamera che osserva e rileva dati dal viso dell’operatore, rispetto ai parametri fisiologici normalmente misurati che necessitano di elaborazione offline.
Passando da un laboratorio e l’altro e sbirciando dentro le varie stanze, compaiono diversi prototipi di robot, chi su 2, 4 e 6 zampe, con conformazioni differenti a seconda dello scopo per cui sono stati creati. Si tratta di tecnologie a diversi stadi di applicazione, da quelle più votate alla ricerca e sviluppo che utilizzando i robot come banchi di prova, a quelle che potranno in futuro avere un accesso al mercato più veloce, ma che ancora sono in fase di ottimizzazione.
Siamo solo a metà del nostro tour ma ci aspetta ancora una interessante branca della ricerca nel settore della robotica, che ci viene raccontata dall’ingegnera Veronica Penza, post doc presso il Biomedical Robotics Laboratory, che sviluppa tecnologie d’avanguardia per la chirurgia di precisione. Punta di diamante, come si intuisce anche dalla strumentazione presente intorno a noi, una tecnologia che unisce laser e robotica: l’obiettivo è dare ai chirurghi e alle chirurghe uno strumento per operare in modo sicuro zone delicate del corpo, come la laringe, anche a distanza, e di creare un ambiente di Realtà Virtuale sincronizzato con la scena chirurgica intraoperatoria. Si agisce, quindi, come se ci fosse un GPS paziente-specifico, offrendo un supporto fondamentale nel processo decisionale della chirurgo o della chirurga coinvolti nell’operazione.
Il tempo corre e noi abbiamo ancora un po’ di strada da fare, quindi saliamo – letteralmente- verso la sede principale di IIT, dove incontreremo altre ricercatrici.
Con grandissimo piacere ho l’opportunità di incontrare finalmente di persona Marianna Semprini, Clinical Research Team Leader, che avevo conosciuto e intervistato ormai un anno fa in occasione di un evento da lei organizzato sulle tematiche dedicate alla leadership e al gender gap nella scienza. Un vero piacere constatare che la carica e il carisma percepiti a distanza si confermano anche in questa occasione: Marianna è un vulcano di idee!
Insieme a lei conosco anche Anna Bucchieri, dottoranda che lavora su un esoscheletro di braccio, e Valentina Pericu e Gaia Zinni, tecniche che lavorano su esoscheletro Twin, del laboratorio Rehab Technologies IIT- INAIL che si occupa di sviluppare protesica e ortesica robotica di ultima generazione.
Dopo questa full-immersion nella robotica e nell’ingegneria, dove ho potuto percepire una grande preparazione e un grande entusiasmo da parte di tutte le ricercatrici incontrate, è tempo di visitare un laboratorio che riesce a farmi scendere la lacrimuccia e risveglia una grande nostalgia del mio passato periodo di ricerca industriale.
Un’entusiasta e chiarissima Giulia Suarato, ingegnera dei materiali e post doc presso il laboratorio Smart Materials, ci accoglie con un tavolo pieno di meravigliosi campioni e ci racconta che svolge la sua ricerca in un’ottica di circular economy sviluppando la tecnologia necessaria per utilizzare gli scarti di frutta e verdura, ma anche di aziende tessili e cartiere: il tutto con lo scopo di generare nuovi prodotti di uso quotidiano, abbattendo così i costi di smaltimento degli scarti e la messa in circolo di materie prime prodotte ex novo. È nel suo laboratorio che viene prodotta la bioplastica, materiale 100% biodegradabile che conserva caratteristiche come flessibilità, resistenza, deformabilità simili alla plastica, e che potrebbe essere utilizzata per risolvere il problema dei rifiuti derivanti dal monouso, sostituendo i tradizionali bicchieri e cucchiaini delle macchinette del caffè, così come le cannucce o le coppette del gelato. Il team di Smart Materials conduce anche studi che riguardano la funzionalizzazione dei tessuti per rendere impermeabili o conduttivi i tessuti comuni.
Poteva forse finire meglio questo percorso?
Il panorama verde e soleggiato che ci accoglie nella hall dell’istituto chiude alla perfezione questo ricco percorso di conoscenza con le ricerche di IIT. Un percorso reso possibile grazie alla disponibilità e al tempo dedicato da parte di tutti e tutte coloro abbiamo incontrato e che, come She is a scientist, riteniamo fondamentale valorizzare per una maggiore conoscenza del mondo che vive tutti i giorni chi contribuisce al progresso scientifico e tecnologico. Un mondo fatto di donne, uomini, persone.
Alla prossima!