di Flaminia Rocca
Se Robin Hood vivesse nel mondo di oggi, se rubasse privilegi ai pochi per trasformarli in diritti per i molti, se cercasse di impedire che un’istanza irrorata di vita, coscienza e quotidianità come la transizione energetica divenisse una mera diversificazione nelle tecnologie e nelle strategie di profitto – allora sarebbe Marine Cornelis.
La giovane età ed i lineamenti delicati le hanno fatto subire pregiudizi, sguardi di dubbio e sorpresa: eppure, il percorso di Marine non si è mai arrestato. Ancora una volta, è stata lei, una donna, ad avere il fiuto per comprendere, prima del tempo, l’importanza politica, macroeconomica, ma soprattutto sociale di un fenomeno quale la transizione energetica. Francese, Marine è un po’ figlia dell’Europa, grazie ai suoi studi ma anche alle sue esperienze di vita: vive in Belgio, in Ungheria ed in Bulgaria e, politologa di formazione, si specializza in economia con focus sull’Unione Europea, sul policy making e sullo sviluppo di realtà di business al livello UE.
Ma gli studi teoretici non le bastano, e così vola a Bruxelles per uno stage presso il Parlamento Europeo, dove la crisi del mercato del lavoro le impedisce però di fermarsi. È la volta poi di Parigi, dove entra nell’Ufficio Stampa di Total (oggi Total Energy), e lì, mentre tutti si concentravano sulle fonti energetiche tradizionali e dominanti, quali il petrolio, lei si accorge del baluginare di una piccola luce verde (non al di là del molo, lettori del Grande Gatsby!), un’istanza di cambiamento verso la sostenibilità che si dirama in svariate nuove soluzioni, come lo shale gas, o gas da argille, ed il fotovoltaico.
A quel punto, Marine, sorvolando su battute dall’arguzia indescrivibile (sic!) che le vengono rivolte sull’essere un’infiltrata di Greenpeace (e che dimostrano quanto, appena un decennio fa, il cambiamento in corso non fosse percepito neppure dai principali attori del settore), decide di investire la propria intelligenza e curiosità sulla ricerca di un modo per accelerare la transizione energetica. All’epoca ha appena 25 anni ma, non appena inizia a lavorare per il Mediatore belga per l’Energia e ad entrare nel merito delle controversie tra i consumatori e le aziende energetiche, il suo potenziale ancora parzialmente inespresso diviene evidente.
Così, le viene affidato l’incarico di interfacciarsi direttamente con la Commissione Europea sui problemi che si trova ad affrontare quotidianamente. Pian piano Marine inizia a collaborare con i Mediatori per l’Energia di altri paesi, quali la Francia, il Regno Unito e la Spagna (la Catalogna, per la precisione), ed in poco tempo la sua voce emerge come quella fuori dal coro che, in un dibattito di transizione green quasi totalmente interessato a temi quali la digitalizzazione e gli smart methods, domanda, invece: cosa si può fare per le persone che, nella vita di tutti i giorni, non riescono a pagare le bollette? La Commissione Europea, a quel punto, le dà fiducia ed ascolto, e Marine diventa un punto di riferimento sul tema delle strategie di superamento della povertà energetica. Mentre i personaggi privilegiati sul suo cammino le parlano entusiasti dell’efficacia degli smart meters per controllare i consumi delle proprie case delle vacanze, lei si preoccupa di come usarli affinché le persone possano avere contezza di quanto consumi la propria casa e mettere in atto strategie di risparmio. Di nuovo, una voce fuori dal coro, l’unica, o quasi, a rendersi conto del divario enorme che intercorre tra politica, business e consumatore finale.
Marine decide di mettere al centro della transizione energetica proprio il consumatore, la singola persona che lotta per pagare le bollette, perché è lei e solo lei il vero termometro del mercato per la transizione Green. Lasciata Bruxelles nel 2017, Marine inizia a lavorare al progetto Just Energy, finanziato dal British Research Council, come consulente su quelli che ormai sono diventati i suoi temi: la tutela del consumatore, le politiche energetiche e la povertà energetica, perché non tutti, ad esempio, riescono ad accedere allo stesso modo ai Mediatori per l’Energia, racconta. Le fasce più vulnerabili, più emarginate della popolazione sono sempre più a rischio di povertà energetica, e continuano a non ottenere giustizia, neppure in un posto come l’Unione Europea: ottenerla, rivendicarla, rivendicare la centralità delle persone nella transizione verde (soprattutto delle più deboli dal punto di vista della protezione sociale)diventa la mission della società di consulenza che Marine decide di fondare, la Next Energy Consumer, di cui è ancora oggi direttore esecutivo.
Tra le categorie più emarginate e marginalizzate rientrano ancora, ahimè, anche le donne, e questo Marine lo sa bene, non solo per le esperienze di pregiudizio che ha sperimentato sulla propria pelle, ma per le tante voci di donna che si trova ad ascoltare ogni giorno nel suo lavoro. Entra quindi a far parte dell’Equality Platform della Commissione Europea per il settore energetico, e svolge analisi relative ai piani nazionali per l’energia ed il clima di vari paesi per conto dell’European Energy Poverty Observatory (EPOV). Marine si rende conto di quanto la questione di genere dovrebbe essere tenuta in considerazione sia al livello di goverance che di management, perché molto spesso, ad esempio, le donne vengono coinvolte al livello nominale in una serie di attività che poi si trovano a non poter svolgere concretamente a causa dell’ancora troppo presente sbilanciamento nella ripartizione dei doveri genitoriali di accudimento dei figli e della casa. È per questo, per impostare una diversa prospettiva di gestione -racconta Marine – che lei vorrebbe entrare a far parte di organismi direttivi come i board aziendali.
Inoltre, – spiega Marine – è fondamentale che le donne capiscano che non devono lasciarsi sopraffare dallo scetticismo e dal pregiudizio che riguarda le loro competenze negli ambiti STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), anche se, sottolinea, la nota più dolente del discorso è proprio il fatto che il suddetto pregiudizio sia in troppi casi interiorizzato e difficile da sradicare. La fiducia da parte dei colleghi anche per quanto riguarda gli incarichi più delicati(com’è successo a lei con il Mediatore belga per l’Energia, ad esempio) può rappresentare una svolta in tal senso, ma il punto fondamentale è che le donne si rendano conto dell’unicità e della specificità che apportano alle discipline STEM. Fare l’ingegnere, ad esempio, non è solo una questione tecnica, ma un’attitudine alla riflessione, alla ricerca delle soluzioni ai problemi, qualità in cui le donne sanno eccellere dall’alba dei tempi. Quindi, il mondo femminile, così come quello delle altre minoranze discriminate (per ragioni di orientamento sessuale, etnico o religioso), deve poter acquisire sempre maggiore spazio di parola, e poter finalmente giocare un ruolo significativo al livello di leadership, o la transizione energetica dal basso resterà un miraggio destinato a concretizzarsi in poco più che tante belle parole ed una manciata di polvere.