di Flaminia Rocca

“Le donne (…) possono essere fonte d’ispirazione per una nuova società (…). L’approccio femminile può dare un apporto originale nell’affrontare problemi e momenti di crisi, grazie a una visione che scoraggia i conflitti e tesse relazioni, a una logica non competitiva che accoglie e si prende cura di chi è più lontano o bisognoso. In questo modo è possibile superare l’interesse del singolo individuo e creare un’azione comune e plurale che ci libera e dona speranza per il futuro.”[1] Nell’abbecedario della sostenibilità della dottoressa Francesca Cappellaro, Le Parole della Sostenibilità, la D non può che essere quella di “Donne”, definite “pioniere della sostenibilità”.

La transizione verde deve ripartire dalle parole. Siamo ormai abituati alla parola sostenibilità, entrata nel gergo quotidiano e sin troppo spesso usata a sproposito, eppure, comericorda Francesca con acume e prospettiva nel suo preziosissimo libro, neppure esisterebbe senza Gro Harlem Brundtland, donna medico e politico norvegese, che nel 1987 è stata presidente della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU. È proprio nel rapporto “Our Common Future”, meglio noto come “Rapporto Brundtland”, infatti, che si parla di sviluppo sostenibile, provando ad immaginare qualcosa di diverso da quello “sviluppo senza progresso” tanto temuto da Pasolini, e cioè uno sviluppo tale da soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere quelli delle generazioni future.[2]

La parola, il linguaggio – sono mezzi di condivisione. E la condivisione e la cooperazione sono la chiave di una transizione riuscita: proprio questi principi, che affondano le radici nel pensiero femminile, sono il motore ed il fulcro della ricerca di Francesca. Ingegnere ambientale, sceglie di dedicare il proprio dottorato (presso il DICAM dell’Università di Bologna) alla cosiddetta “transizione sostenibile”, tema peculiare, perché idealmente dovrebbe essere un pleonasmo, un’ovvietà. Ma, a conti fatti, nella nostra società, è ben lungi dall’essere tale.

Ricercatrice dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), Francesca sa bene che la transizione non è solo una questione di rinnovamento tecnologico. Non si tratta tanto di transizione energetica in sé, quanto di un cambiamento radicale, sistemico, un cambiamento nelle coscienze e nei modi di vivere: la sostenibilità, infatti, si fonda su tre pilastri, non solo il benessere economico, ma anche quello sociale e quello ambientale.

Al timone di questo processo, dunque, sottolinea Francesca, non possono esserci solo figure tecniche: ci vogliono competenze trasversali, ci vuole una prospettiva. Per tornare al suo libro, ci vuole ampiezza di sguardo, senza cui non è possibile immaginare nuove strade e metodologie di partecipazione e cambiamento che vadano di pari passo col mutamento della società. La ricerca, quindi, è più che mai fondamentale.

Ma il ricercatore, l’esperto, il teorico non può essere motore del cambiamento, che infatti può e deve solo mediare: la transizione non si basa sulle percentuali di successo, bensì sullo sviluppo di modalità di partecipazione collettiva inesplorate, di collaborazione tra tutti gli utenti di un dato territorio, puntando quindi alla coprogettazione di soluzioni create appositamente per quel territorio stesso.

Questo approccio, spiega Francesca, si chiama Open Innovation: è una strada ancora tutta da tracciare, un sistema di ingranaggi vivi e vitali che si presentano in forme come gli Urban Living Labs. Il networking, il reciproco scambio tra gli esseri umani di idee e buone pratiche, è il motore dell’economia circolare. Proprio per questo, nel 2018, ENEA ha contribuito alla creazione dell’ICESP, la piattaforma italiana dedicata agli stakeholder dell’economia circolare, un’iniziativa ispirata alla “sorella europea”, ovvero l’ECESP. Nell’ICESP, Francesca ricopre quel già citato ruolo di esperto “mediatore”, di traghettatore di un’idea di modello di consumo volto a superare l’approccio lineare “usa, consuma e getta”, incentivando la trasformazione dei rifiuti in risorse da valorizzare.

Il passaggio ad un tale sistema di pensiero, tuttavia, non è semplice, e neppure immediato. L’economia circolare va insegnata, ed è proprio per questo che Francesca, in collaborazione con la Climate-KIC (dove KIC sta per Knowledge and Innovation Community) dell’EIT (European Institute of Innovation & Technology), ha sviluppato un programma innovativo per la formazione sul tema, ed ha contribuito attivamente al progetto GECO (Green Energy Community), dedicato alla gestione comunitaria della risorsa energetica locale nelle aree di Pilastro e Roveri a Bologna. 

I tentativi di comunità energetica come GECO hanno fatto capire a Francesca quanto in Italia un ostacolo significativo sia la normativa al riguardo: i progressi in tal senso sono ostacolati dalla carenza di decreti attuativi che sappiano fornire ai cittadini informazioni più precise sui costi di queste iniziative ma anche sugli incentivi ad esse legati. Per tale ragione, spiega Francesca, sarebbe importante che venisse ufficializzata la creazione di figure professionali di “accompagnamento del cittadino” verso la transizione green, favorendo la partecipazione attiva della società, permettendo dunque alla cittadinanza di riappropriarsi di un concetto endemicamente bottom-up come quello della comunità energetica.

Ad oggi, infatti, le comunità energetiche si trovano sin troppo spesso ad essere interamente nelle mani dei gestori dell’energia, quando invece dovrebbero poter godere ufficialmente della propria autonomia di soggetti giuridici. In Emilia-Romagna, dove Francesca vive e lavora, dei passi avanti in tal senso stanno avvenendo, anche in merito alla fornitura di servizi di mediazione ed accompagnamento del cittadino: la Regione, infatti, sta agevolando, attraverso un bando, studi di fattibilità e di adeguamento normativo.

La comunità, l’incontro, le reti di solidarietà e mutuo scambio di idee ed esperienze sono una risorsa indispensabile anche per permettere alle donne di uscire dall’ombra cui la società patriarcale le ha sempre relegate: progetti europei come W4RES, racconta Francesca, sono fondamentali perché creano un canale di comunicazione sicuro per le donne di vari paesi per entrare in contatto ed in comunicazione.  Anche nel contesto del progetto GECO, terminato nel 2022, la solidarietà femminile continua a prosperare, grazie, ad esempio, all’opera di informazione portata avanti dal blog del quartiere Pilastro-Roveri, dove molte voci sono donne attivamente coinvolte nella vita della nascente comunità.

E dunque – è grazie allo spirito creativo ed accudente delle donne che sarà possibile immaginare un futuro in cui esisteranno modelli di imprese, ma anche modelli societari, basati su principi differenti rispetto a quelli attuali, ovvero sulla valorizzazione delle specificità, l’originalità, il supporto e l’integrazione tra passato, presente ed obiettivi futuri.


[1] Cappellaro F., Le Parole della Sostenibilità, CollanaI Libri di Vivere Sostenibile’, Impressioni Grafiche Editrice, Acqui Terme (AL), 2017, p. 20.

[2] Cfr. Ivi, p. 19.

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