Aurore Dudka: “Giù le mani dalle Comunità Energetiche!”
di Flaminia Rocca
Quando Aurore Dudka arriva in Italia per la prima volta, non ha idea di come la vita la condurrà a pavimentare il sentiero delle donne alla guida della transizione energetica. Aurore è appassionata, intuitiva, studia finanza ma abbandona quel mondo seguendo l’istinto, perché non è quella la sua vocazione. Ama insegnare, innaffiare i semi del pensiero, rendere fertile il terreno di conoscenza e coscienza. A lei, francese, l’Italia accade un po’ per scelta, un po’ per Destino: si innamora, di una persona, di un luogo – il Lago di Como -, e decide di restare. Vince il dottorato in Economic Sociology and Labour Studies dell’Università di Milano, e quel suo essere de facto un ponte tra due culture le dà una marcia in più nello studio delle comunità energetiche, già molto radicate nel tessuto sociale francese, meno in quello italiano, dove appaiono ancora come uno strano oggetto di cui nessuno sa granché.
All’inizio, Aurore ne studia i modelli di business, i fattori di sviluppo ed integrazione al livello geografico, la ripartizione dei benefici, ma alla questione delle donne arriva nel momento in cui, diventata madre, si trova a subire sulla propria pelle la discriminazione di genere: per una donna che sceglie di essere ricercatrice e madre, di avere una famiglia ed una carriera, tutto diventa incredibilmente difficile. Gli stereotipi sono più forti che mai, ed Aurore racconta che non avrebbe mai portato a termine il suo percorso senza il supporto, l’empatia e la solidarietà delle altre donne presenti nel suo gruppo di ricerca. E dunque, arriva a chiedersi: all’interno delle comunità energetiche oggetto dei suoi studi, miraggio di perequazione, condivisione, uguaglianza, cittadinanza attiva, che ruolo giocano le figure femminili?
La risposta le arriva chiara come non mai: le donne sono il cuore pulsante non solo del concetto di comunità energetica, ma anche della transizione energetica intesa in senso lato, come cambiamento nel modo di comportarsi, di rapportarsi al mondo ed alle risorse. Perché, anche se in un mondo ideale non dovrebbe essere così, sono le donne ad occuparsi principalmente della cura in senso lato, dei figli, della casa, sono loro che utilizzano maggiormente gli elettrodomestici, sono loro, ancora, a morire per inquinamento interno (si stimano circa 5 milioni di morti all’anno, in maggioranza donne e bambini), intossicate dai fumi di impianti non a norma, la cui sostituzione risulta troppo esosa per tante, troppe, famiglie a basso reddito, anche in un paese come l’Italia. Come spesso accade, e senza voler indulgere in alcun tipo di apologia del martirio, le donne hanno saputo trarre ricchezza da una condizione di svantaggio che le ha sempre relegate al ruolo di angeli del focolare: hanno imparato sul campo come guidare la transizione energetica, sono una risorsa inestimabile per qualsiasi società che voglia dirsi davvero orientata alla sostenibilità.
Attraverso il progetto ASSET (finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma per la Ricerca e l’Innovazione Horizon 2020), Aurore si avvicina alla realtà di ènostra, la più grande comunità energetica italiana, per indagare se i tassi di partecipazione femminile, tra i più consistenti nel settore, la rendano davvero un ambiente gender-friendly: si accorge rapidamente dell’importanza dei modelli di leadership femminile, dato che, dall’elezione nel 2019 della Presidente Sara Capuzzo, tra i nuovi membri della comunità energetica il 60% sono state donne, e sei su dieci hanno confermato che una Presidente donna le ha spinte ad aderire, perché ha contribuito a creare un senso di appartenenza ed interesse verso la partecipazione attiva nella transizione energetica. Nel contesto di ASSET, Aurore incontra anche EcoPower, comunità energetica belga attualmente impegnata in una serie di iniziative volte ad incentivare la partecipazione femminile, tra cui il progetto STEP 30 e la creazione di un gender group nell’ambito di REScoop.eu, la federazione europea delle cooperative di energia rinnovabile, fondata nel 2011.
Ma la curiosità e la coscienza critica di Aurore non si fermano qui, e, continuando ad indagare sul tema del ruolo delle donne nella transizione verde, si rende conto di un dato preoccupante: l’approccio intersezionale, senza cui la tanto agognata transizione non funzionerà mai, non è neanche lontanamente tale, dato che in Italia solo il 2% di donne dal reddito basso sono direttamente coinvolte nelle iniziative. La povertà, oltre al genere, viene considerata un tabù, e le donne povere continuano a pagare sulla propria pelle, quando invece solo un punto di vista come il loro potrebbe portare a superare le barriere economiche che ancora bloccano una diffusione capillare per le tecnologie di efficientamento energetico. Intanto, in Italia – nota Aurore -, la sfiducia nelle istituzioni, nella burocrazia ostativa verso qualunque forma di progresso, aumenta.
Le tecnologie ci sono, ma costano troppo per chi vuole comprarle ed usarle nel quotidiano, mentre fruttano molto a chi può permettersi di produrle e venderle: così, Aurore si rende conto di come persino le comunità energetiche stiano pian piano diventando un frutto proibito da trasformare in una macchina per il profitto ad opera di grandi aziende sparse sul territorio. Grandi nomi, in Italia e non solo, si stanno accorgendo di quanto il concetto di comunità energetica, così come tutto ciò che contiene la parola “green”, piaccia al livello europeo e sia vendibile (e spendibile) facilmente, e stanno dunque cercando, attraverso iniziative più o meno dirette, di appropriarsene, spogliandolo però del suo senso originario e del suo essere radicalmente femminile, inclusivo e sovversivo. Molte di queste grandi aziende vantano numerose donne tra i propri ranghi, e persino nei propri consigli direttivi, ma il rischio che siano mere “quote rosa” persiste, ed al contempo le comunità energetiche proposte come frutto di dinamiche di questo tipo sono sempre meno somiglianti a delle cooperative, e sempre più distaccate dalla realtà sociale, smettendo quindi di rispecchiare le istanze dal basso, autentico e primario motore della loro nascita.
Eppure, Aurore crede ancora nella possibilità di un cambiamento nella mentalità collettiva, e questo grazie alla forza della rete di supporto e cooperazione femminile con cui è entrata in contatto in questi anni. Nel frattempo, ha terminato il dottorato presso l’Università di Milano, e ha deciso di proseguire nelle sue ricerche all’Università di Trento: con il suo lavoro, ha ispirato molte giovani donne ad interessarsi attivamente alla questione, al punto che – racconta Aurore – la stessa dottoressa Sara Golessi, membro del comitato esecutivo della già citata ènostra, l’ha ringraziata per averla spronata, attraverso la sua ricerca, a perseguire un ruolo di maggior impatto e rilievo nella transizione verde. Ad oggi, Aurore continua a collaborare con realtà che ormai considera amiche, da ènostra stessa a riviste d’informazione sociale in prospettiva di genere come InGenere, sino allo stesso progetto W4RES: realtà, queste, che portano avanti quella visione imprescindibile di solidarietà femminile, empatia, resilienza e mutuo aiuto che She is a Scientist s’impegna a promuovere sin dalla sua creazione.