IL GENDER GAP RACCONTATO NELLE STORIE DI QUOTIDIANA SOPRAVVIVENZA
Sapete ormai bene quanto sia utile per noi, in questo lungo e tortuoso percorso per un cambiamento di cultura verso la parità di genere, conoscere le storie delle persone che tutti i giorni, con #dedizione, partecipano al progresso scientifico. Le difficoltà quotidiane, le gioie, le insicurezze, le soddisfazioni e le domande esistenziali che ci poniamo sono importanti tanto quanto i successi, i premi e i riconoscimenti.
Per una donna, confrontarsi con ambienti che sono stati, e tuttora sono, fortemente connotati da una presenza maschile non è facile e gli interrogativi emergono potenti. Perché allora non condividerli?
Questa è una delle belle, sincere e importanti testimonianze che ci sembra opportuno condividere con tuttə voi. La scienza e la ricerca, in tutti i campi del sapere, sono costellate di storie come queste, che hanno l’onere e l’onore di abbattere un muro e mostrare la complessità che vive in ognunə di noi.
Storia di una giovane studentessa in matematica
Ci tengo a precisare che nell’ambito universitario non ho mai subito discriminazioni in quanto donna. Questo tuttavia è ininfluente, perché sono io stessa a criticarmi, più o meno consciamente, in quanto persona con caratteristiche femminili, che catalogo come poco credibili nell’ambito scientifico: il timbro della mia voce o tenere i capelli sciolti, per esempio. Prerogativa per presentarmi in università è avere il più possibile un aspetto neutro. Non mi sono mai curata molto, ma ultimamente ho voluto mettere in discussione il motivo: è una mia caratteristica o sto imitando un modello maschile per dar forza alle mie conoscenze?
Ho desiderato più volte nella mia carriera universitaria di essere nata uomo. Invidio il modo composto di parlare che molti professori o miei compagni uomini hanno, che non lascia spazio ad emozioni, ansie, insicurezze, insomma che li rende ai miei occhi (e non solo) credibili e intelligenti. Anche quando mostrano qualche incertezza o si fermano a pensare a una domanda, non dimostrano meno autorevolezza, ma anzi si accresce la mia stima verso di loro, per la capacità di ragionare e mettersi in discussione.
Perché non riesco a pensare lo stesso di me o di altre donne in matematica? Perché cerco in loro e in me la debolezza a ogni passo? Senza voler arrivare a banali generalizzazioni, mi sono spesso chiesta come mai le professoresse siano perlopiù dispotiche, intransigenti, a tratti persino crudeli durante gli esami. Come non capirle, è lo stesso trattamento che probabilmente hanno riservato a loro stesse in tutto il loro percorso di studi e magari tuttora nel lavoro: non sono ammessi errori.
In questo graduale percorso che mi sta portando ad individuare meglio i miei pregiudizi e discriminazioni, è stata per me oro una matematica, insegnante e ricercatrice, conosciuta indirettamente durante alcuni seminari nel mio ambito di interesse, che racchiudeva – finalmente! – nella sua persona una meravigliosa complessità e varietà e che, soprattutto, non nascondeva la sua eccentrica femminilità. Avrei voluto incontrare matematiche come lei prima, sogno che siano la normalità e non l’eccezione.
Mi sembra superfluo dire che in generale le donne in matematica (anzi, parlando dell’ambiente che conosco meglio, in logica matematica) si contino sulle dita d’una mano. A proposito di questo, ci tengo a rimarcare come avere un modello simile a sé sia fondamentale per il raggiungimento dei propri obiettivi e spesso questo a noi donne manca.
Sono ormai al termine della magistrale e il dottorato è una prospettiva a cui ambisco da sempre – fino a poco tempo fa credendola tuttavia irrealizzabile… mica ne sono in grado, io. I dubbi e le paure sono molti: sono consapevole che sarà psicologicamente molto difficile e frustrante: voglio continuare a reggere il peso di “credere di non essere in grado” ancora per 3 anni? Sto cercando di scegliere il mio futuro consapevolmente, libera da auto-sabotaggi. Grazie per darmi degli strumenti per orientarmi!
Cercando di non aprire il capitolo “sindrome dell’impostore”, che credo sia un tema personale, ho scritto queste riflessioni su come gli stereotipi di genere abbiano influito sui miei studi. Doveva essere un breve messaggio per ringraziarvi di mostrare scienziate donne e per dirvi che questo progetto è davvero utile e necessario, perché utile e necessario è capire lo stato dell’arte, ma ancor di più lo è aumentare le narrazioni e i modelli a cui giovani studentesse si possono ispirare.