Di Maria Grazia Maratta

 “Cè posto per le donne nelle materie scientifiche, non siamo l’eccezione. Lo stereotipo della tecnica che non può piacere alle ragazze va eliminato!”

Jessica Manganotti è un’ingegnera di ricerca impegnata nella simulazione multifisica e nella progettazione 3D. Dopo la laurea al Politecnico di Milano in ingegneria biomedica, ha conseguito la magistrale in biomateriali, un dottorato in Matematica Applicata presso l’École Polytechniques di Parigi, in Francia, paese che le ha permesso di inseguire i suoi sogni e dove oggi vive e lavora studiando nuove tecnologie nel campo dei software aziendali. 

Jessica è una donna brillante e di ampie vedute il cui percorso è segnato da una profonda passione per la ricerca di nuove sfide nel campo dell’innovazione tecnologica. Durante la sua formazione ha lavorato in vari settori, dalla ricerca biomedica nel campo anestesiologico, allo sviluppo di software aziendali. Ha affrontato anche sfide personali e sociali, superando gli ostacoli imposti dai pregiudizi di genere che molte donne nel campo scientifico incontrano ancora oggi.

Pur avendo raggiunto risultati significativi nella sua carriera, Jessica ci racconta di come spesso abbia sperimentato la sensazione di non essere abbastanza competitiva rispetto ai suoi colleghi maschi. Il pregiudizio culturale per cui, in quanto femmina, fosse non adatta alle materie scientifiche l’ha accompagnata fin dalle scuole, tramite i commenti di chi vedeva qualcosa di fuori dall’ordinario i suoi risultati in matematica. Pregiudizio che sembrava confermato dall’assenza di modelli femminili in ruoli chiave dell’istituzione universitaria. Ciò l’ha portata addirittura a domandarsi se occupasse il suo posto di lavoro più per le politiche aziendali volte a favorire le quote rosa che al suo curriculum. È grazie alla sua determinazione personale e all’attivismo e cha superato la sindrome dell’impostore riappropriandosi del suo valore come professionista e dei suoi meriti accademici.

Jessica è membro di SHE e partecipa a eventi di sensibilizzazione come il “Women in Data Science”. In ambito accademico si è adoperata per mostrare alle giovani donne un modello di successo femminile nel mondo STEM in cui identificarsi, incoraggiandole a non sentirsi meno intraprendenti dei colleghi e così a sfuggire allo stereotipo patriarcale che le vorrebbe lontane da “un lavoro da uomini”. 

Le cose stanno cambiando, la rappresentanza delle donne sia in ambito accademico scientifico che nel settore industriale è cresciuta, ma serve continuare il processo di sensibilizzazione della società al fatto che noi donne non siamo “Invisibili”, come nel titolo del libro che le ha aperto gli occhi, né meno valevoli.

“È necessario combattere il “patriarcato interiorizzato” con cui la nostra generazione convive, fornendo i modelli di scienziate che la storia non ci ha insegnato a conoscere. Dobbiamo farci vedere!”.

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