di Flaminia Rocca
Il percorso di una donna – nella vita, nel mondo del lavoro – non è mai una linea retta. Anche quando ad un occhio esterno potrebbe sembrare così. È questa la prima cosa che mi ha ricordato parlare con Antonia Proka. È questo che Antonia invita a tenere a mente, quando si trova a dialogare con giovani donne ad inizio percorso professionale, che da lei cercano consiglio ed ispirazione.
La strada di Antonia verso la transizione energetica inizia a pavimentarsi nel momento in cui capisce che, prima di tutto, desidera imparare come dare il proprio contributo, con la propria mente e le proprie capacità. Lo ricorda come un punto di svolta, un momento dirimente che avrebbe plasmato le sue decisioni future. Questa catena di scelte, svolte, incontri ed ostacoli inizia all’università, dove Antonia si laurea in Business Administration. Vuole mettere le mani in pasta, capire come si organizza un business, come lei può non solo supportare il progresso, ma anche far sentire la propria voce.
Un crocevia di opportunità si spalancano al suo cospetto, dopo la laurea, ma Antonia capisce che la sostenibilità ambientale è la strada che fa per lei: lì, può concretizzare ciò che ha imparato in termini di conoscenze teoriche ed abilità, specializzandosi in Environment and Resource Management – lasciando la Grecia, sua terra natale, alla volta di Amsterdam.
Ridurre il danno continuativo e costante sulla natura da parte degli esseri umani, infatti, non è (solo) altruismo e bontà d’animo: è una questione di presa di coscienza e di consapevolezza delle proprie responsabilità, sia al livello sociale che personale – racconta Antonia. Per farlo, la sua scelta si focalizza sempre di più sull’energia, sulla transizione energetica come terreno fertile per mettersi alla prova: impegnarsi a capire come combattere la povertà energetica, nonché le altre problematiche del settore, partendo dalle mura domestiche, per poi allargare lo sguardo e la prospettiva a tutta la comunità locale. Perché la casa non è una dimensione chiusa, è un orizzonte di comunione e solidarietà, il tassello di un puzzle che esiste e respira se può fiorire nel giusto contesto. La casa è un insieme, è, per l’appunto, comunità.
La transizione energetica, in più, è per Antonia un trampolino di lancio per tutte le ambizioni progressiste delle comunità locali, affinché possano imparare a plasmare la propria realtà nel modo più confacente alle loro speranze e alla loro visione. Ciò che Antonia vorrebbe capire, in questo contesto, è come aiutare le comunità a prendere le redini dei progetti di transizione. Cerca un’iniziativa ad opera delle comunità, delle persone, un’istanza di cambiamento dal basso, in particolare su quello che all’epoca era il suo focus di studi, ovvero le biomasse. Non ne trova, almeno non nei Paesi Bassi, benché negli stati limitrofi come Belgio e Germania l’approccio cooperativo alla transizione energetica attraverso le biomasse sia già una realtà.
La transizione energetica in mano alle persone come opportunità reale e determinante diventa l’oggetto della ricerca di dottorato di Antonia, dedicata proprio alle cooperative energetiche, la loro organizzazione e, soprattutto, il loro impatto all’interno della transizione su larga scala. Nel mentre, Antonia collabora con Greenpeace International, e, agli albori del mainstreaming dei social media in Europa, inizia a lavorare come stagista nel Team Comunicazione.
Si rende presto conto, tuttavia, che il suo approccio alla transizione verde in generale è ben diverso da quello di Greenpeace: se il loro punto di vista è quello di portare avanti lo sviluppo e l’impiego delle fonti energetiche rinnovabili, a prescindere da chi se ne faccia carico o ne sia portavoce ed autore primario, per Antonia non è così. Fondamentale, infatti, nella sua prospettiva, è il ruolo delle comunità, l’istanza dal basso, perché altrimenti si può parlare solo di transizione (meramente tecnologica!), e non di transizione giusta. E la transizione così com’è rischia di diventare privilegio (elitario, nelle mani dei grandi player del settore), se non tiene conto di problemi cruciali per la società quali la povertà energetica, sanabili solo attraverso una partecipazione democratica attiva.
Lasciare un tema così delicato nelle mani della grande industria e non della popolazione, in più – nota Antonia -, rischia di essere controproducente anche per la riuscita stessa del cambiamento, che non sarebbe mai assorbito realmente nelle fibre del tessuto sociale e mancherebbe di riproducibilità a lungo termine. Antonia si dedica, quindi, a comparare i modelli di business con fini commerciali con le iniziative sociali e cooperative.
Fondamentali, durante questa fase della sua vita (e della sua ricerca) – racconta -, sono le allora ricercatrici ed oggi professoresse Niki Frantzeskaki, Flor Avelino e Julia Wittmayer, ma anche molte professioniste del settore, come Pauline Westendorp e Monique Sweep, presidenti di due delle sette cooperative oggetto dei suoi studi, ed Anne Marieke Schwencke, che da tempo si dedica alla raccolta di dati inerenti alla capacità ed alla produzione dalle cooperative nei Paesi Bassi.
Nel corso di questo cammino, Antonia diventa membro fondatore, nonché docente, del SEYN – Sustainable Energy Youth Network, e gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’iniziativa della Commissione Europea “Clean Energy for EU Islands Secretariat”, dedicata alla decarbonizzazione delle isole dell’UE grazie alla partecipazione attiva delle comunità locali.
Cruciale, però, è soprattutto l’incontro con REScoop.eu, la federazione europea delle cooperative di energia rinnovabile, fondata nel 2011, la cui missione centrale è quella di trasformare la transizione energetica in democrazia energetica. È questa la sinergia che stava aspettando: e così, Antonia inizia a lavorare con REScoop.eu in qualità di esperta di transizione energetica e project manager – ruoli, questi, che ricopre ancora oggi.
In particolare, diventa responsabile del programma di capacity building del progetto LIFE LOOP (i.e. Local Ownership of Power), nonché del coordinamento della European Citizen Energy Academy (EUCENA), sostenuta dall’European Climate Initiative, dove collabora, tra le altre, con Katharina Habersbrunner, del network WECF – Women Engage for a Common Future. A tal proposito, tornando ancora una volta alla solidarietà femminile di figure ispiratrici, Antonia cita Miriam Rodriguez-Ruiz, presidente di Electra Energy Coop, incontrata nel contesto di SEYN, e Christine Lins di GWNET – Global Women’s Network for the Energy Transition.
Antonia cita molte altre donne, è vero, ma non si tratta di name dropping: è riconoscente per il supporto ricevuto, ma soprattutto è felice di aver condiviso un tratto di strada con persone tanto poliedriche ed interessanti, capaci di smuovere dall’interno un settore come quello dell’energia (che altrimenti resterebbe fossilizzato), senza lasciare indietro nessuno. Ancora una volta, la dimostrazione che la questione di genere rappresenta un’istanza di uguaglianza molto più ampia del solo empowerment femminile: in particolare, le cooperative energetiche sono senza dubbio un’opportunità nuova e feconda in termini di parità e perequazione, perché ancora meno contaminata dal pregiudizio di genere e da tanti altri stereotipi sociali.