Il divario di genere è un fenomeno estremamente intricato e dalle innumerevoli manifestazioni, in alcuni casi evidenti, facili da stanare e decostruire, in altri subdole e recondite.

È in questa seconda categoria che si colloca il gender-digital-divide, un fenomeno che determina una disparità nell’accesso alle risorse digitali della rete sulla base del genere di riconoscimento. Secondo uno studio condotto dall’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni nel 2020, più del 50% delle donne nel mondo è impossibilitata a partecipare alla vita online.

Le ripercussioni sono visibili sia sulla sfera occupazionale (più del 90% delle professioni attualmente attive richiede skill digitali) che nella vita di tutti i giorni: con la penetrazione della dimensione digitale nella sfera pubblica e privata degli individui (nel campo della salute, nelle attività legate alla partecipazione civico-politica e nell’instaurazione di legami sociali) questo scarto continua a fagocitare un numero sempre crescente di persone, perlopiù di genere femminile.

QUALI SONO GLI EFFETTI SUL MONDO DELLE STEM?
Il gender-digital-divide è profondamente connesso alle ineguaglianze di genere insite nei processi educativi e presenti già ai livelli inferiori dei percorsi scolastici, condizione che porterebbe alcune donne a sviluppare una forma di tecnofobia caratterizzata da un’avversione nei confronti delle macchine e da un senso di inferiorità e inadeguatezze verso le tecnologie digitali.

La conseguenza è un livello generale di scolarizzazione inferiore nelle donne che porta a una diminuzione delle occasioni di socializzazione con le innovazioni legate a Internet e un decremento delle possibilità di impiego in contesti professionali in cui l’utilizzo del digital è all’ordine del giorno. Questo circolo vizioso è una delle ragioni, secondo Tyers-Chowdhury e Binder, che spiegherebbe l’esiguità di forza-lavoro femminile nelle professioni Ingegneristiche e dell’ICT.

 A questo punto sorge spontaneo domandarsi a cosa sia imputabile il divario digitale, ma, come ben sappiamo, essendo il gender-gap in tutte le sue espressioni un fenomeno di estrema complessità sarebbe riduttivo tentare di ricondurre il tutto a un’unica causa. È però possibile, grazie al ricorso alla letteratura di riferimento, tentare di individuare alcuni dei fenomeni coinvolti.

In primis, è innegabile il ruolo degli stereotipi di genere più longevi che hanno rafforzato una visione apocalittica di internet in alcune zone del mondo, motivo per cui ne è stata limitata la fruizione per ordine delle autorità statali. Le principali malcapitate sono, ancora una volta, sorprendentemente, le donne, per cui internet è visto come un pericoloso strumento di emancipazione e di libertà.

La carenza di role model costituisce un problema ciclopico: senza questi riferimenti solidi vengono a mancare fonti di incoraggiamento per le aspiranti scienziate e ciò permette a molti dei preconcetti riguardanti le scarse competenze tecnologiche e la mancanza di inclinazione alla leadership delle donne di trovare consenso crescente nella società.

QUAL È LA SITUAZIONE EUROPEA?
In territorio Europeo, le donne che fruiscono con assiduità dei servizi della rete rappresentano il 78%, mentre il 31% possiede delle competenze digital (tra cui relative ad attività di programmazione, di problem-solving e in ambito comunicativo).
I Paesi più virtuosi sembrano essere la Danimarca, i Paesi Bassi, la Svezia e il Regno Unito; di converso, la Bulgaria, il Portogallo e la Romania sono ascrivibili alle nazioni meno performanti.

Dal 2019 è stato possibile assistere a una diminuzione sensibile della distanza tra questi due gruppi; ciononostante, l’incidenza del fattore economico continua a giocare un ruolo fondamentale, determinando la preminenza dei Paesi che vantano un reddito pro-capite più elevato.

L’impatto di questa tipologia di gap sull’economia è, infatti, tutt’altro che trascurabile e i Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo sono quelli che ne risentono più pesantemente. Il gender-digital-divide preclude a queste porzioni di globo la possibilità di creare un valore economico aggiunto che, secondo il più recente Inclusive Internet Index di Meta, sarebbe imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi SDG e per la promozione di un’economia fondata sulla sostenibilità.

E QUELLA ITALIANA?
L’Italia si posiziona ventiquattresima
nei report relativi all’uguaglianza di genere nell’utilizzo degli strumenti digitali. Il fronte più critico è quello delle competenze degli utenti in internet: soltanto il 28% delle donne italiane possiede una conoscenza elementare del digitale, contro il 45% della popolazione maschile.
Il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ha cambiato in parte le sorti di un Paese ancora molto renitente verso le nuove tecnologie, senza però attuare degli interventi volti a superare, o quantomeno eguagliare, i risultati raggiunti dagli altri Stati Europei come la Spagna e la Germania.

Gli/le studios* concordano che una delle soluzioni più efficaci per contrastare il divario di genere sia ricevere una formazione adeguata e non viziata dai pregiudizi di genere. Ed è necessario che ciò avvenga a partire dai gradi inferiori dei percorsi educativi, poiché è in quel momento che gli stereotipi di genere più svilenti trovano terreno fertile.

Oltretutto, il gender-digital-divide traspone tutte le divergenze già presenti sul piano sociale, economico, generazionale e geografico dal mondo reale a quello digitale. Da questa prospettiva diventa indispensabile agire alla radice del problema con soluzioni che, con gradualità e costanza, possano portare a compimento una trasformazione di tipo culturale. E, ancora una volta, sono gli agenti di socializzazione (come la scuola) ad avere una funzione essenziale nella promozione della parità di genere, che potrà successivamente tradursi in un accesso indiscriminato ai servizi di Internet e alle professioni che ne dipendono, tra cui le STEM.

SITOGRAFIA:
https://www.wired.it/attualita/tech/2021/10/12/donne-accesso-internet-divario-genere/
https://womeninsciencepdx.org/2021/09/30/digital-divide/
https://impact.economist.com/projects/inclusive-internet-index/downloads/3i-executive-summary.pdf
https://www.oecd.org/digital/bridging-the-digital-gender-divide.pdf
https://www.ijbhtnet.com/journals/Vol_10_No_4_December_2020/2.pdf

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