Quando si parla di empowerment femminile, si potrebbe avere la percezione – erronea – che le donne siano dei palloncini sgonfi in cui insufflare talento e competenze. Che si tratti dunque di potenziare qualcosa, aggiungendo qui e là gli ingredienti mancanti. Niente di più sbagliato. Perché l’empowerment è soprattutto una questione di incoraggiamento. Non servono poteri o crismi speciali da trasmettere all’universo femminile – occorrono solamente parole. E strumenti. Il resto, le donne sanno farlo da sé.
Proprio le parole – la volontà di comunicare – sono state il punto di partenza del percorso della dottoressa Ilaria Conti – ne hanno pavimentato il cammino sino all’inaspettato incontro con il mondo della transizione verde. Ma andiamo con ordine. Ilaria, originaria di Montecatini Terme, in provincia di Pistoia, vuole imparare a comunicare efficacemente, e dunque studia Scienze della Comunicazione nelle Università di Bologna e di Siena, aprendosi al mondo oltreconfine con un Erasmus in Svezia e cogliendo già allora uno spiraglio di quello spirito di scambio internazionale ed interculturale che tanto avrebbe caratterizzato la sua vita professionale futura.
Perché poi, al termine degli studi, ecco che Ilaria viene immediatamente scelta per due stage a Bruxelles, il primo presso le Nazioni Unite ed il secondo presso la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea. L’opportunità di dialogo con le istituzioni europee ed internazionali la affascina, finché, per caso, nel quadro s’inserisce anche il mondo dell’energia, che diviene subito, per Ilaria, sinonimo di volontà ed istanza di cambiamento. Transizione, per l’appunto, verso orizzonti più giusti, guidati dalla parola.
A Bruxelles, infatti, Ilaria inizia ad occuparsi della comunicazione per la Federazione Europea dei Traders dell’Energia (EFET), e lì, nel corso dei successivi otto anni, ha modo di sperimentare le proprie capacità e di mettere alla prova i propri limiti ricoprendo svariati ruoli: da Communication Officer qual era inizialmente, Ilaria si trasforma pian piano in esperta di politiche energetiche, acquisendo competenze sempre crescenti anche in una prospettiva prettamente tecnica, che le permettono di arrivare alla direzione di gruppi di lavoro dedicati.
Il potenziale creativo di Ilaria, la sua curiosità e tensione verso il cambiamento, la portano a fondare la Task Force Italia per le politiche energetiche, ancora oggi viva ed attiva e motivo di orgoglio per la sua fondatrice. La EFET, in tutto questo, rappresenta per Ilaria un ambiente rigoglioso in cui poter crescere, e come lei, così molti altri giovani, tra cui numerose donne. La percezione della realtà e dell’impatto della discriminazione misogina, però, non tarda ad arrivare, nel momento in cui Ilaria fa il suo ingresso “ufficiale” nel settore dell’energia, ed in particolare in quello del gas, a netta predominanza maschile.
Ilaria, all’epoca, ha da poco superato i 25 anni, e non è facile per una giovane dai grandi ideali e dalle speranze decise constatare, sin troppo spesso, di essere l’unica donna speaker ad una conferenza sul tema del gas, in un quadro generale di contesti che non vedono mai la partecipazione femminile superare la soglia del 5%.
Ma anche per un settore come il gas, la transizione verde rappresenta un’opportunità. Quella di diminuire, oltre alle emissioni di carbonio, anche la presa sulla società degli stereotipi, sperando un giorno di sradicarli del tutto. Per questo motivo, Ilaria, intenzionata a suo modo a portare avanti l’eredità di una madre a capo di un’associazione a sostegno della parità di genere, inizia ad orientare le sue energie professionali in tal senso. Studia accuratamente la regolazione europea in materia decarbonizzazione, e riesce a portare a Firenze, pioniera, il tema dei low carbon gas, rendendo lo European University Institute (EUI), con cui nel frattempo ha iniziato a lavorare, tra i primi a parlare di idrogeno verde, biogas e biometano.
Nel contesto fertile dell’EUI, Ilaria fonda la Gas Area della Florence School of Regulation, al fine da poter diventare ingranaggio attivo nella macchina complessa della transizione energetica, ma anche della battaglia per la parità di genere. Ha compreso, infatti, come sia la transizione verde che la questione di genere siano un complesso articolato di stratificazioni sociologiche, psicologiche, antropologiche e culturali, oltre che economiche.
Nell’osservare le dinamiche della discriminazione nei confronti delle donne nel suo settore, Ilaria si accorge ben presto di un dato inquietante: secoli e secoli di strutture sociali inique ed avvilenti hanno fatto sì che le donne interiorizzassero un senso di inferiorità tale da arrivare ad autocensurarsi, e dunque non solo ad accettare, ma persino ad imporsi un bavaglio ai propri talenti ed alle proprie aspirazioni.
Così, quando nel cuore della Florence School nasce l’iniziativa Lights on Women, Ilaria non perde tempo e ne diventa una delle prime sostenitrici, nonché delle più appassionate. È il 2017, e Lights on Women desidera incoraggiare, nelle politiche energetiche, la risposta alle sempre crescenti istanze di parità di genere ed inclusione sociale. Per farlo, l’iniziativa offre borse di studio e formazioni specializzate alle donne, valorizzandone in senso lato il ruolo ed i talenti nel settore dell’energia e della sostenibilità e creando al contempo un network per scambiarsi idee, sostegno e competenze. Lights on Women, inoltre, vola oltre i confini italiani, proprio perché forte dello scambio interculturale di un contesto d’origine come l’EUI: grazie ai Luce Awards, ad esempio, premia i talenti emergenti in Europea e non solo, contribuendo anche a combattere il razzismo ed il classismo.
Il dialogo, la parola, l’incoraggiamento, l’ispirazione attraverso role model decisi e d’impatto – e qui chiudiamo il cerchio del nostro racconto – diventano la chiave, per Ilaria, per sconfiggere il mostro interiore dell’autocensura, che troppe donne continuano a portarsi dietro. L’incoraggiamento e l’ispirazione, inoltre, funzionano se formano una catena di solidarietà tra le donne, per le quali è fondamentale comprendere di essere sulla stessa barca nell’affrontare la stessa tempesta, seppur in mari differenti.