di VANESSA BERTI

La leaky pipeline, letteralmente “tubo che perde”, è una metafora utilizzata per indicare il fenomeno di progressivo abbandono delle carriere scientifiche da parte delle donne. Tale figura riprende l’immagine di un tubo rotto che perde sempre più acqua: infatti, se troviamo un maggior numero di donne iscritte a università che si focalizzano sulle materie STEM, solo un numero molto ridotto di loro raggiunge la fine del percorso, rappresentato dall’accesso a posizioni rilevanti nell’ambito scientifico. È inoltre importante fare una distinzione all’interno delle materie STEM per quanto riguarda l’inizio di tale percorso: mentre nelle scienze della vita le donne sono presenti in numero elevato, in ingegneria e matematica il numero di donne che decidono di specializzarsi è molto ridotto sin dalle fasi dell’istruzione.

Tale penalizzazione riguardante le donne trova la sua origine anche in pregiudizi di genere derivanti dalla società patriarcale in cui viviamo: i ricercatori, dottorandi e postdoc uomini sono più propensi ad aspettarsi che i relativi partner sacrifichino le proprie carriere rispetto alle ricercatrici, dottorante e post doc donne, che tendono a trovare percorsi alternativi alla carriera accademica.                                                                                                                              La cultura patriarcale inoltre influisce fortemente sul trattamento frequentemente riservato alle donne sui luoghi di lavoro: basti pensare alle discriminazioni e le molestie subite, al gender gap riguardante il divario salariale o alla sproporzione concernente le assunzioni dovuta a pregiudizi consci o inconsci.                                                             

In merito a quest’ultimo fattore è stato effettuato un esperimento dall’agenzia di reclutamento americana Speak with a Geek che prevedeva l’utilizzo dei curricula delle stesse 5000 persone in due situazioni diverse: mentre con l’utilizzo dei dettagli come genere o etnia le donne rappresentavano il 5% delle assunzioni, la percentuale è salita al 54% nel caso dei curricula in cui tali dettagli erano stati rimossi.

Inoltre la predominanza di uomini in ruoli rilevanti concorre alla perpetuazione di una struttura del corpo accademico prevalentemente maschile: è stato notato come i docenti uomini abbiano la tendenza a focalizzarsi sugli studenti di genere maschile, diversamente dalle docenti donne che non esprimono alcun tipo di preferenza.   

Ma ci sono donne come Patricia Fara, storica della scienza all’università di Cambridge, che non concordano pienamente con la figura della leaky pipeline: o meglio, non si rispecchiano nel carattere quasi fallimentare che essa comporta. Patricia Fara pensa che non sia utile pensare alle pari opportunità basandosi su un criterio di fallimento di quelle donne che non sono riuscite a superare un ostacolo nella loro carriera: ciò implica che l’abilità scientifica rappresenti l’apice della realizzazione umana mentre lei afferma

I may not have contributed to discovering the Higgs particle or voyaging to another planet, but I am a senior university academic with a raft of single-authored publications.

La storica della scienza riporta l’esempio di Ray Stretcher, laureata in matematica e con l’ambizione di diventare ingegnera elettrica, che decise di abbandonare l’ambito scientifico per dedicarsi all’attività politica: lottando per la parità, ha contribuito alla possibilità per le scienziate di svolgere ricerche e di tenere conferenze nelle università.

Diventa quindi fondamentale trovare soluzioni per uno dei più grandi ostacoli che limitano una donna nel proseguimento della sua carriera: ovvero la necessità di occuparsi della famiglia. Molto spesso in una coppia (eterossessuale), poiché è la partner femminile a ricevere uno stipendio inferiore, essa si trova a sacrificare la propria carriera: a tal proposito un esempio di come combattere questo ostacolo è riscontrabile in uno studio nel Regno Unito, che ha evidenziato come le università con generosi programmi di congedo di maternità abbiano permesso un mantenimento delle competenze femminili, recuperando quindi anche l’investimento nella loro formazione.      

Abbiamo parlato della Leaky Pipeline anche all’interno del mese dedicato alle donne nella scienza, dove la nostra socia Vera Manelli ha intervistato un ricercatori e due ricercatrici che lavorano in ambito internazionale. Ve la riproponiamo qui. Buona Visione!

                        

  

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