LE INTERVISTE IMMAGINARIE ALLE DONNE DI SCIENZA A CURA DI FRANCESCA FRASSINO

Festività insolite, quest’anno, in cui regna una quiete eccezionale ma necessaria.

Trovo, inoltre, che le vie delle città siano molto più illuminate, quasi come se si volesse colmare un vuoto con le decorazioni. Si vedono i riflessi degli addobbi di Natale dalle finestre appannate, luci sui balconi che si sommano a quelle installate lungo le strade desertiche; ognuna con il proprio andamento.

Socchiudo la porta alle mie spalle e mi siedo sul gradino gelido. L’aria fredda e tagliente preannuncia la neve ma il cielo è limpido e le stelle si vedono benissimo. Qui risiede la fortuna di vivere in un piccolo centro.

A godere il freddo e le stelle, stretta nel suo cappotto, l’esile figura di Rosalind Franklin. Divenuta, suo malgrado, simbolo delle ingiustizie subite dalle donne nel mondo accademico. La storia della scoperta della struttura a doppia elica del DNA si trova su tutti i libri di scienza, a partire dalle scuole elementari fino ai libri di biochimica dell’Università: la famosa immagine ottenuta a raggi X, il Nobel assegnato a Waston, Crick e Wilkins nel ’62 e il lavoro della Franklin. Ma non è altro che una briciola della sua brillante carriera.

Le faccio spazio sul gradino gelido e, con quel suo accenno British, mi racconta di essere nata nel 1920 a Londra da genitori ebrei ben integrati in Inghilterra che la mandarono in collegio sulle coste del Sussex all’età di nove anni per farle respirare un’aria più pulita rispetto a quella della città. Si appassiona alle materie scientifiche e a 18 anni entra al Newnham College di Cambridge, dove si laurea nel ‘41 con una specializzazione in chimica fisica.

Nel frattempo, oltre le mura del college, la Seconda Guerra Mondiale stava investendo l’Europa.

Durante il suo periodo universitario ebbe modo di conoscere grandi menti che in quel momento stavano lavorando per riuscire a capire la struttura della materia; e così, ascoltando Bragg e Bernal, anche lei si appassionò allo studio della struttura atomica mediante diffrazione a raggi X. L’esame che io sto preparando in questi giorni, praticamente!

Accenna un sorriso e continua la sua storia. I suoi studi in chimica fisica continuarono dopo la laurea, lavorando alla British Coal Utilization Research, in cui studiò la microstruttura del carbone e della sua trasformazione in grafite; un lavoro che fu anche alla base del suo dottorato. Terminati gli studi in Inghilterra, ricevette un’offerta di lavoro a Parigi, al Laboratoire Central des Services Chimiques de l’Etat, per continuare a lavorare sul fenomeno della diffrazione a raggi X. Il periodo parigino lo ricorda con piacere, si percepisce dal tono quasi affettuoso con cui ne parla e da una luce negli occhi che – fino ad un attimo fa – non c’era.

Le piaceva vivere a Parigi, infatti, mi dice: la vita lavorativa era aperta alle donne, se ne apprezzavano le competenze e venivano assunte regolarmente come i colleghi di sesso opposto.

Lì divenne un’esperta di cristallografia, sperimentando gli effetti dell’interazione di un fascio monocromatico di raggi X su strutture amorfe e osservò la trasformazione di materiale carbonioso in grafite al raggiungimento di temperature di circa 3000°C. Risale al periodo parigino la sua prima pubblicazione del 1950 sulla rivista Acta Crystallographica con un articolo circa l’interpretazione dei diagrammi di diffrazione del carbonio, di cui io ho potuto leggere solo l’abstract.

Sui libri di scuola, la storia di Rosalind Franklin è racchiusa – quasi sempre – in un paragrafetto di poche righe; qui, invece, la notte sta diventando meno buia e sembra che ci sia ancora un gran pezzo di storia da raccontare.

Con Rosalind Franklin, la chimica fisica e la biofisica si uniscono nello studio delle molecole biologiche mediante cristallografia. E, in qualità di esperta sull’utilizzo dei raggi X per conoscere la struttura delle proteine, si ritrovò in Inghilterra per lavorare in un laboratorio del King’s College.

Un ambiente molto diverso da quello parigino a cui era abituata: le università inglesi non avevano ancora abbandonato le vecchie abitudini, figlie di una società maschilista, che vedeva le donne ancora escluse da alcuni ruoli, da alcune strutture e con differente remunerazione. E non nasconde la difficile relazione con i colleghi di quel momento, abituati principalmente ad avere donne come assistenti piuttosto che a capo di un progetto.

E il progetto ambizioso da portare avanti era l’individuazione della struttura del DNA, su cui si stava lavorando in più parti del mondo. Al King’s di Londra, quindi, partirono due progetti paralleli per studiare sia la forma A sia la B del DNA. Alla Franklin toccò la forma B. Così, in quel contesto e per quel progetto, lei ottenne l’immagine a raggi X di cristalli di DNA, a dimostrazione della caratteristica struttura a doppia elica che oggi conosciamo. Con la Photo 51, Rosalind Franklin divenne una leggenda.

Mi dice che la foto è stata ottenuta dal suo allievo Gosling – sotto la sua supervisione – dopo aver esposto una fibra di DNA per circa 60 ore ad una fonte di raggi X. Immagine che venne poi conservata in un cassetto della sua scrivania in attesa di ottenere più dati su cui lavorare e il momento giusto per poterla pubblicare. E sembra che quest’ultimo passo si rivelò come un’occasione ghiotta per i suoi colleghi che non le avevano mai dimostrato molta stima, arrivando perfino a descriverla come una persona poco affidabile, esageratamente gelosa del proprio lavoro e per giunta incapace di comprendere la fisica del fenomeno della diffrazione.

Con uno sguardo d’intesa, decidiamo di proseguire nei suoi ricordi: la foto le venne, quindi, sottratta da Watson che, insieme a Crick, svelò la struttura del DNA nel 1953 con un articolo su Nature. Del lavoro della Franklin neanche l’ombra, nemmeno tra le referenze. Questo articolo valse a Watson, Crick e Wilkins il Premio Nobel per la medicina del ’62, a dieci anni di distanza dall’ottenimento della Photo 51 e a quattro anni dalla morte della scienziata.

Dalla pubblicazione di quell’articolo fino alla sua morte nel ’58 per via di un cancro ovarico, decise di concentrare le sue energie e le sue conoscenze sullo studio della struttura dei virus, prima del mosaico del tabacco e poi quello della poliomielite. E decise di svolgere queste ricerche al Birkbeck College di Londra, lavorando con gli scienziati Finch e Klug.

I suoi studi di cristallografia sul virus del mosaico del tabacco (TMV) fecero ricevere al Birkbeck College il più alto finanziamento mai ricevuto in tutta la sua storia per un progetto di ricerca. Mi dice anche che presentò un modello della struttura del TMV all’Expo del ’58 a Bruxelles, realizzandolo con palle da tennis e manubri di biciclette. Modello che, però, venne presentato il giorno dopo la sua morte.

Dopo la sua morte, i colleghi Finch e Klug pubblicarono un articolo sulla struttura del virus della polio. Un articolo dedicato alla sua memoria, in cui la sua presenza è forte fin dall’inizio. “Questo lavoro è la continuazione degli studi iniziati dalla Dr. Rosalind Franklin, alla cui memoria noi vorremmo dedicare questa comunicazione […]” leggo da quell’articolo.

E mentre il rosso brillante degli addobbi di Natale lascia il posto alla debole luce bianca di un sole invernale, Rosalind Franklin torna nei libri di scienza.

La vita reale può ricominciare.

Francesca Frassino
Francesca Frassino

Laureata in chimica, considero la scienza l’espressione massima del genere umano e mi piace raccontarla. Appassionata di biografie per la sensazione che resta quando si concludono: aver vissuto in ogni epoca e in ogni strada ed aver creato un legame con il personaggio di turno. Per questo scrivo storie in prima persona.
L’espressione che maggiormente mi rappresenta è: “Sono io Paperino!”

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