di Flaminia Rocca

“I” come idrogeno, si direbbe – ascoltando il racconto della vita professionale della dottoressa Cecilia Papini. Eppure, parlando con lei, quella stessa “I” assume contorni diversi: “I” come innovazione, insegnamento, ma soprattutto – ispirazione. Infinite, poi, le possibilità che si spalancano dinnanzi a chi, come Cecilia, ha scelto d’investire la propria intelligenza e la propria passione in un campo d’interesse piuttosto recente, com’è appunto quello dell’idrogeno.

Ma andiamo con ordine, perché la storia di Cecilia ci dimostra prima di tutto una cosa importante: si può ancora essere giovani, si può essere donne, ed arrivare comunque lontano, nonostante tutti gli stereotipi ed i pregiudizi che ancora si aggirano sulle nostre teste come avvoltoi. Cecilia si laurea in Chimica, a Pavia, ed intraprende sin dalla giovanissima età un percorso considerato accidentato e poco “femminile”, troppo tecnico: divide i suoi studi tra Italia e Francia, con un Erasmus a Grenoble prima ed un anno di studio poi, a Parigi, presso il Collège de France, ed è qui che scopre la realtà ancora emergente dell’idrogeno. 

Affascinata dall’abilità della natura di catalizzare, attraverso enzimi presenti in alghe e batteri, la produzione stessa dell’idrogeno – mettendo a nostra disposizione, dunque, una risorsa del tutto naturale e dal potenziale inestimabile -, Cecilia decide di restare a Parigi, per conseguire il dottorato di ricerca alla Sorbonne Université. Con una buona dose di lungimiranza e coraggio, Cecilia sceglie di approfondire gli sbocchi che una tematica come l’idrogeno può offrire all’interno della più ampia cornice della transizione energetica quando la cosiddetta “hydrogen economy” non è che agli albori. La sua è una scelta attiva, ed è così che diventa giocatrice in prima linea del cambiamento. Un cambiamento che non deve restare recluso sul piano degli studi teorici, bensì diventare d’impatto, concreto, nella vita quotidiana. 

Ciò di cui Cecilia si rende conto, infatti, è che, sebbene l’ambiente dell’università e della ricerca sia molto sensibile al progresso scientifico ed all’innovazione, sempre mantenendo una prospettiva ed una sensibilità ambientali molto significative, così non è per tante altre realtà, più quotidiane e meno popolate da esperti del settore. Ed è per questo che la transizione energetica, prima di tutto, dovrà superare l’ostacolo di questa barriera d’incomunicabilità tra esperti del settore e “profani”.

In particolare, Cecilia si rende conto di quanto la Francia, così come altri paesi europei, abbia, rispetto all’Italia, un ecosistema decisamente più attento ad integrare transizione ecologica (non solo energetica) ed innovazione intesa in senso più ampio, anche e soprattutto sociale. Per tale ragione, Cecilia decide di aprire il proprio orizzonte professionale a ciò che le sembra un ponte tra progresso prettamente tecnico e scientifico ed impatto socioeconomico, ovvero il mondo del business. Così, dopo aver conseguito, sempre a Parigi, la Business Foundation Certificate di INSEAD, decide di far ritorno in Italia. A Milano, si approccia al mondo della consulenza strategica (con McKinsey & Company), ma l’incontro decisivo è quello con la Snam, all’epoca, nel 2020, vera e propria pioniera di un settore altrove praticamente inesplorato, almeno nel nostro paese, ovvero l’idrogeno. È dunque l’occasione, per Cecilia, di esplorare appieno il potenziale della sinergia tra le sue passioni professionali, la transizione energetica e la sua operatività sociale ed economica.

L’unità dedicata all’idrogeno diventa più ampia, si espande, ed arriva a coprire tutto il mondo della decarbonizzazione: qui, per caso o per Destino, emerge la vocazione di Cecilia ad essere ben più che un esempio. Da ispirazione diventa guida e mentore. Inizia a gestire il corporate accelerator di Snam dedicato alle start-up che cercano di farsi strada nel settore dell’idrogeno e della decarbonizzazione, le accompagna e le supporta nel testare l’efficacia delle tecnologie che stanno sviluppando.

Ma la missione di Cecilia come mentore della transizione verde non si limita alla sua attività professionale. A lei, che durante gli anni della crescita in famiglia e dell’università non è mai stato fatto pesare il fatto di essere una donna che vuole lavorare nel mondo della scienza, il colpo del pregiudizio misogino arriva come un fulmine a ciel sereno quando si accorge che, per molte donne, l’ambiente professionale nelle STEM (e non solo!) risulta ancora oggi più accidentato che mai. 

Decide così di intraprendere il percorso di mentoring nel contesto di YEP, il programma “Young Women Empowerment Program” dell’Ortygia Business School, che supporta ed incoraggia le studentesse universitaria del Sud Italia nell’intraprendere carriere STEM, portando avanti l’obiettivo di valorizzare il talento femminile (troppo spesso inespresso e sottovalutato) e di colmare le disuguaglianze di genere attraverso scelte di carriera consapevoli e lungimiranti. Essere una mentore, una guida, un’ispirazione – racconta Cecilia -, non è mai una strada a senso unico: si dà così come si riceve, e la ricchezza che ne deriva è ineguagliabile. 

Cecilia si dedica all’attività di mentoring anche nel contesto del network di Mentors4u: programma indipendente, gratuito e non profit, Mentors4u non è aperto alle sole donne, ma le donne ne sono la spina dorsale, la linfa innovatrice. Inoltre, fa parte della rete internazionale delle donne nel settore dell’idrogeno, ovvero il Women in Green Hydrogen.

L’idrogeno è un settore fertile nella prospettiva dell’uguaglianza di genere proprio perché nuovo, e potenzialmente meno intaccato di altri dai soliti pregiudizi e bias nei confronti delle donne nel mondo della scienza. Al riguardo, Cecilia racconta che Snam, nella cornice del programma Erasmus Mundus, è attualmente impegnata a promuovere il progetto HySET – Hydrogen Systems and Enabling Technologies, volto alla formazione multidisciplinare di professionisti e ricercatori nel contesto della value chain dell’idrogeno. Il target group del progetto, il cui percorso di training partirà a settembre, è in linea con la lotta alla disuguaglianza di genere, perché prevede, infatti, che i partecipanti siano per il 40% donne. 

Networking, connessioni, condivisioni, legami e trasmissioni di cultura e competenza: è questo che essere un mentore significa per Cecilia, la cui leadership nel mondo della transizione verde, nonostante la giovane età (ha appena 31 anni!), sta già innaffiando il seme del progresso e della parità di genere nelle nuove generazioni.

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