A cura di Francesca Frassino

Trovo particolarmente fastidioso l’anticipo di primavera che prepotentemente vuole farsi sentire in questi giorni: il cielo azzurro e gli alberi che timidamente provano a fiorire mi sembrano inopportuni. C’è troppa luce per questi attimi di oscurità. E giorni complessi portano notti inquiete. Nel silenzio di una città che si spegne, mi preparo del tè e mi siedo ad osservare il buio avanzare.

A rompere il silenzio Bianka Tchoubar, che sposta una sedia per prendere posto affianco a me. Le offro del vino rosso e torniamo a godere di questo effimero momento di tranquillità. 

Bianka Tchoubar è una chimica di origini ucraine, nata nel 1910 a Kharkov: lasciò l’Ucraina dopo la Rivoluzione d’ottobre del 1917, evento che segnò la fine dell’impero russo e l’instaurazione della Russia sovietica. In quel periodo il suo Paese – dice – si ritrovò sopraffatto dagli scontri per proteggere la sua indipendenza  ma finì, suo malgrado, ad essere campo di battaglia per una guerra civile e merce di scambio.

Mentre parla – senza fretta, scandendo le parole come se avessimo tutto il tempo del mondo – io mi soffermo a pensare a quanto futuro potremmo scrivere se guardassimo la storia con attenzione. E non posso fare a meno di pensare che la sua terra, ancora una volta, piange…

Una storia complicata, quella dell’Ucraina, dice con un sorriso accennato notando la mia momentanea distrazione.

Dopo aver lasciato il suo Paese natale, la sua famiglia si spostò prima a Istanbul poi a Budapest e infine a Parigi, dove lei tracorse quasi tutta la sua vita – un ambiente culturale e artistico che ha amato molto, dice accendendosi una sigaretta. Lì frequentò prima un liceo russo e poi si diplomò in Scienze alla Sorbona.

Mi racconta con entusiasmo del gruppo “I giovani chimici”, fondato prima della Seconda Guerra per discutere di una chimica innovativa e libera dalle idee conservatrici e tradizionaliste della Società Chimica francese. E infatti di lei si dice che rivoluzionò la chimica organica francese, lottando con caparbietà per far sì che le sue idee, considerate sovversive, trovassero uno spazio. Viene descritta come una persona indomabile, di grande intelligenza, cultura, generosità e sete di conoscenza. E, a quanto pare, la forza delle sue convinzioni l’hanno portata a sfidare la società e i tempi senza perdere l’ entusiasmo.

Si versa un altro po’ di vino e continua a raccontarsi.

Nel 1932 ottenne il diploma di Studi Superiori con le sue ricerche su molecole e particelle cariche, anche se il suo supervisore non era molto entusiasta – aggiunge con aria soddisfatta. I suoi studi, infatti, erano volti a dimostrare il ruolo cruciale degli ioni come intermedi di reazione (cioè entità che si formano nel mezzo della reazione di trasformazione dei reagenti in prodotti) e questo tipo di interpretazione, secondo la comunità scientifica francese dell’epoca, non era degna di attenzione.

Il suo essere brillante e ostinata la portò ad ottenere, nel 1937, il ruolo di assistente ricercatrice al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica francese, al fianco del chimico Tiffenau. Con questo team,  Tchoubar contribuì ad uno studio che poi si rivelò cruciale per la comprensione del meccanismo di una reazione chimica che consente di aumentare i termini di un anello di atomi di carbonio. I chimici organici ringraziano – le dico con ironia. Poi scoppiò la guerra e la Francia venne occupata dai nazisti.

Si ferma per un altro tiro di sigaretta. Nel silenzio assordante in cui ci troviamo si percepisce il crepitio della cartina che si brucia.

Nonostante quel periodo doloroso e il lavoro rallentato dagli eventi, già prima di discutere la sua tesi di dottorato nel ’46 aveva raccolto una gran quantità di pubblicazioni e nel 1960 pubblicò uno dei libri più importanti della chimica organica moderna. Proprio perché la sua professione era intrisa di passione, continuò a lavorare anche dopo il suo pensionamento su molte di quelle reazioni che – da anni, ormai – rappresentano le fondamenta della formazione dei chimici di oggi. 

In questo viaggio tra i ricordi della vita e della stupefacente carriera di Bianka Tchoubar, non si può dimenticare il suo impegno per instaurare una collaborazione con l’Istituto di Chimica Fisica di Mosca, nonostante tutti i limiti della Guerra Fredda. Un rapporto – quello tra il Centro Nazionale di Ricerca Scientifica francese e l’Accademia delle Scienze dell’URSS – che rese ancora più grande e aperta la ricerca in chimica, dice.

Intanto che noi parliamo, la sua città viene distrutta. Lei spegne l’ultima sigaretta. Le prime luci del giorno mostrano un cielo chiuso, nuvoloso. E a me sembra molto più appropriato. Grandi fiocchi di neve bianca cadono scomposti e disordinati. Apro la finestra e lascio che il freddo gelido entri e mi travolga.

“ ‘Sto tempo è impazzito!”, avrebbe detto mia nonna.

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