LE INTERVISTE IMMAGINARIE ALLE DONNE DI SCIENZA A CURA DI FRANCESCA FRASSINO
L’ingegnera vestita di bianco
È una prima notte di primavera perfetta, si respira un’aria tiepida che profuma di fiori.
Esco in terrazzo, appoggio il bicchiere di rum sul muretto e mi fermo ad osservare la Luna piena, grande e rosata di fronte a me; il vento è leggero, si fa sentire ma non infastidisce. Non vedo luci nelle case colorate, sembra quasi non esserci respiro; nel frattempo, i cani randagi si stanno appropriando delle strade che noi umani, in queste notti, non stiamo vivendo.
Così, tra lo zampettìo rapido degli animali e il leggero fruscìo delle foglie dei pochi alberi nel cuore della città, Hertha Ayrton si sistema sul muretto affianco a me e mi trasporta in un’Inghilterra di fine ‘800.
Comincia nel raccontarmi della sua infanzia nell’Hampshire, della morte prematura di suo padre e della responsabilità di doversi occupare dei suoi altri sei fratelli prima di trasferirsi a nord di Londra per studiare in una scuola gestita da una zia materna.
Lì si appassiona alla matematica e – dopo aver lavorato come governante per mantenere economicamente la madre invalida – andò a studiarla al Girton College, esclusivamente riservato alle donne dell’Università di Cambridge.
Mi racconta dell’amicizia con George Elliot e Barbara Bodichon – fondatrice del College, femminista, artista e scrittrice che incontrò per la prima volta ad un incontro del movimento delle suffragette e che le lasciò in eredità le sue battaglie femministe ma anche del denaro per poter realizzare le sue invenzioni e diventare una delle più geniali ingegnere del suo tempo; mi parla anche dell’amicizia con Marie Curie e delle lezioni di matematica che impartiva alla figlia – poi premio Nobel – Irène. Un circolo di amicizie fatto di donne determinate e intelligenti. Le immagino e non posso non pensare alla bellezza dei loro pensieri, alla passione che le guidava nel dimostrare di poter fare grandi cose, combattendo contro l’ostilità di una società pensata dal maschio per il maschio. Le dico che oggi si pensa che la sua persona abbia ispirato sia la protagonista Mirah del romanzo “Daniel Deronda” di Elliot sia, probabilmente, la scienziata protagonista del romanzo “The Call”, scritto dalla figliastra dopo la sua morte.
Sistemandosi i capelli ricci e neri passando una mano tra le ciocche scomposte, mi disse che la sua verve da inventrice si manifestò già dai tempi del college, quando realizzò lo sfigmomanometro – lo strumento per la misurazione della pressione arteriosa, precisa prima che io abbia il tempo di interromperla. E inventò anche il “divisore di linea” cioè uno strumento che divideva una linea in parti uguali e che artisti, architetti e ingegneri utilizzavano per ingrandire e rimpicciolire le figure – invenzione che venne poi esposta al Exhibition of Women’s Industries. E mi dice anche che in quegl’anni l’Università di Cambridge non rilasciava titoli alle donne ma solo attestati di partecipazione quindi, nonostante avesse superato il corso di matematica del Girton, per ottenere una laurea dovette superare un esame esterno all’Università di Londra.
Dopo la laurea insegnò matematica e frequentò corsi serali di fisica al Finsbury Technical College. Mi parla di quei corsi tenuti da William Ayrton, un importante ingegnere elettronico e membro della Royal Society che divenne suo marito nel 1885. Con lui ebbe una figlia che in età matura, seguendo l’esempio della madre e delle altre suffragette, partecipò attivamente alle proteste e divenne una delle fondatrici di United Suffragists – movimento aperto a donne e uomini che chiedevano e lottavano per il suffragio universale. Il sorriso sul viso di Hertha mi fa intendere la soddisfazione per i risultati di quelle proteste ma anche la fatica e le vessazioni subite per portarle avanti. Battaglie e storie che adesso si considerano risapute ma di cui, forse, si conosce ben poco. Non lasceremo che ci si dimentichi del loro coraggio, le dico.
Sorride e, un po’ divertita, mi racconta di quando gli scritti del marito sull’arco elettrico andarono distrutti e lei decise di aiutarlo a replicare i suoi esperimenti. Mi spiega che l’arco elettrico – una scarica elettrica seguita da un’emissione luminosa dovuta all’applicazione di una differenza di potenziale tra due elettrodi di carbonio aventi carica opposta – era un sistema utilizzato nell’illuminazione pubblica dell’epoca.
Con quegli esperimenti, il suo nome divenne noto nei circoli scientifici inglesi perché lei riuscì a capire che il sibilìo emesso dall’arco elettrico prima della stabilizzazione della luce emessa era dovuto alla presenza di aria a contatto con l’elettrodo di carbonio, causandone l’ossidazione. Sembra molto orgogliosa di quei risultati e continua parlando del suo libro “The Electric arc” in cui aveva racchiuso tutti i suoi lavori.
Lei riprende fiato sistemandosi l’abito un po’ sgualcito mentre io vado a prendere il computer per farglielo vedere, quel suo libro; il file digitale della versione originale. Scorriamo le pagine giallognole di quel grosso lavoro e mi dice che con quella sua ricerca divenne la prima donna a leggere un proprio articolo scientifico all’Istituto di Ingegneria Elettronica diventandone, ovviamente, anche la prima membra. Ancora oggi si parla fin troppo spesso di prime donne a fare cose, ad assumere una carica o a trovarsi in una posizione di estremo rilievo per la società; aspettiamo con trepidazione il momento in cui si smetterà di sentirlo, le dico mentre sposto il computer per farmi spazio sul muretto. Siamo nel cuore della notte ma ci pensa la Luna a renderla meno buia.
Mi racconta di essere stata, naturalmente, anche la prima donna ad essere candidata come membro della Royal Society per le sue ricerche sulle origini delle increspature della sabbia e gli studi di idrodinamica correlati. Però, continua, a quanto pare “la Royal Society non poteva accettare una donna sposata”. Sembra quasi divertita dalla mia espressione incredula mentre cerco di capire se il problema fosse lo stato civile o il genere d’appartenenza; forse l’uno e l’altro, risponde mentre ride prima di ricordarmi che, qualche anno più tardi, divenne la prima donna a leggere un proprio articolo scientifico anche alla stessa Royal Society che le consegnò la “Medaglia Hughes” per il suo importante contributo alla fisica dell’epoca con gli studi sull’arco elettrico e sull’origine delle increspature della sabbia. Una piccola rivincita, conveniamo.
La notte comincia a schiarirsi; le luci dell’alba che cominciano a farsi spazio dietro alle montagne mi ricordano che è tempo di tornare alla realtà prima che le case, i vicoli e i colori del giorno riprendano prepotentemente vita. Hertha Ayrton e le sue amiche geniali hanno dimostrato che risolutezza e ostinazione sono le armi vincenti per farsi spazio all’interno della società e per pretendere la considerazione che ci si merita, in quanto donne e in quanto scienziate. Dall’ingegnera suffragetta originale e perseverante, di cui avevo letto, ho ancora tanto da imparare e chiudo la porta alle mie spalle.
Scopri la bibliografia!
- Pam Hirsch, Hertha Ayrton 1854-192, The Encyclopedia of Jewish Women https://jwa.org/encyclopedia/article/ayrton-hertha-marks
- Rinaldo Cervellati, Scienziate che avrebbero dovuto vincere il Premio Nobel: Herta Ayrton (1854-1923), La Chimica e la Società, il blog della SCI https://ilblogdellasci.wordpress.com/2018/02/12/scienziate-che-avrebbero-dovuto-vincere-il-premio-nobel-hertha-ayrton-1854-1923/
- Erik Gregersen, Hertha Marks Ayrton. British physicist, Britannica https://www.britannica.com/biography/Hertha-Marks-Ayrton
- History of Scientific Women, Hertha Marks-Ayrton https://scientificwomen.net/women/marks-ayrton-hertha-63
- J J O’Connor and E F Robertson, Phebe Sarah Hertha Marks Ayrton, MathsHistory https://mathshistory.st-andrews.ac.uk/Biographies/Ayrton/
- Biographies of Women Mathematicians, Hertha Marks Ayrton https://www.agnesscott.edu/lriddle/women/ayrton.htm
- Dr. Felicity Henderson, Almost a Fellow: Hertha Ayrton and an embarrassing episode in the history of the Royal Society, The Royal Society https://royalsociety.org/blog/2012/03/almost-a-fellow/