Le donne nella scienza ci sono: ora dobbiamo imparare a raccontarle. Tutte.
Parte da qui il ragionamento, frutto di piacevoli e intense dissertazioni, che in questa settimana è stato alla base dell’iniziativa promossa da She is a scientist per parlare della percezione delle donne nella scienza. Per mostrare, in particolare, come le scienziate sono percepite dall’esterno ma anche come si auto-percepiscono, un fattore, quest’ultimo, che non può minimamente essere ignorato e che merita al contrario molta attenzione.
L’11 febbraio si è celebrata una ricorrenza molto importante, ovvero la Giornata internazionale delle donne e le ragazze nella scienza, istituita nel 2015 dall’ONU. Ma ci chiediamo: basta un giorno per sottolineare l’importanza di un contributo così fondamentale? No, è chiarissimo. Non basterebbe nemmeno una vita intera, a dire il vero. Quindi sì, decidiamo qui e ora, deliberatamente, che l’11 febbraio lo si festeggia tutto l’anno, tutti i giorni, in tutti i luoghi del pianeta, senza distinzioni.
E per farlo serve la pura e semplice realtà, la tanto amata e odiata quotidianità.
Perché non partire, allora, dalle storie ordinarie, quelle fatte di collaborazioni gomito a gomito, di piccoli contributi, di risate, di difficoltà e di persone che affrontano tutti i giorni il complesso mondo della scienza intersecandolo con la propria vita, i propri interessi, i propri dolori? Perché concentrarsi solo sui personaggi geniali, come se il contributo di tutte le altre donne fosse meno valoroso e non altrettanto degno di attenzione?
Vogliamo leggere storie di scienza, storie di collaborazione. Vogliamo leggere e raccontare storie di donne e uomini che lavorano insieme dando il buon esempio alle future PERSONE che scriveranno, a loro volta, le nuove pagine della storia della scienza. Per fare questo serve una nuova metodica di narrazione, un nuovo paradigma e la disponibilità, soprattutto, a smantellare gli stereotipi che fino ad ora ci hanno reso così difficile pensare alla donna come scienziata a tutto tondo. Dobbiamo però anche essere disposte, noi donne in primis, a lasciarci alle spalle i nuovi stereotipi, responsabili di quell’ aut aut che ci impone comunque di scegliere un modello. Quella vocina che ci chiede, già da bambine, di non scegliere la Barbie MA di imparare tutto sul mondo della scienza, come se le due cose non potessero coesistere nella nostra vita dando origine ad una virtuosa sinergia e alimentando nuove fantastiche avventure.
Liberiamoci dall’obbligo di scelta. Dall’imposizione di decidere a quale modello aderire, se quello della scienziata o della donna. Impariamo, invece, a raccontarci, a dare valore a noi stesse e al nostro contributo, a trovare il nostro posto nel mondo e in quello che facciamo, per quanto piccolo possa essere. Lo abbiamo fatto noi.
Un grazie enorme va a Serena, con la quale ho parlato a lungo di questo argomento cercando di trovare una prospettiva coerente e chiara, che mi ha intervistato e ha reso eccellentemente l’idea in questo articolo uscito proprio l’11 febbraio su Oggiscienza.
E ora buon lavoro! 🙂
Nicole @ She is a scientist