Non è solo l’abito a fare il monaco, a volte non basta nemmeno il viso. E, stando a questo studio, pubblicato su PNAS nel 2017, sembra che un aspetto attraente non giochi a favore della credibilità scientifica. Ci credereste?
Attenzione! In questo caso, che si tratti di donna o uomo ha ben poca importanza.
Le prime impressioni basate sull’aspetto del viso sono indice di molti importanti risultati a livello sociale, questo non è certo un mistero. Ma se questo influenzasse anche la comunicazione dei risultati scientifici al pubblico generico, un processo che modella le credenze, l’opinione e la politica del pubblico, ci troveremmo davanti ad un “problema”.
Nello studio sono stati valutati, innanzitutto, i tratti che suscitano interesse nel lavoro di uno scienziato e quelli che creano l’impressione di un “buon scienziato” che svolge ricerche di alta qualità.
La competenza e la moralità apparenti erano positivamente correlate sia ai giudizi di interesse che a quelli di qualità, mentre l’attrattiva aumentava l’interesse ma diminuiva la qualità percepita. Alcuni membri del pubblico coinvolto hanno scelto di leggere o di guardare storie di notizie scientifiche reali e si è notato che era più probabile che le persone scegliessero elementi correlati con scienziati “dall’aspetto interessante”, specialmente quando si selezionavano comunicazioni basate su video.
Ma la scoperta più sensazionale è che la ricerca era giudicata di qualità superiore se abbinata a ricercatori che sembravano “buoni scienziati“. Ovvero? Cosa bisogna avere per apparire buoni scienziati?