RIFLESSIONE LUNGA MA DOVEROSA

Non sarà facile esprimere questo concetto.
Quando si parla di pari opportunità e di eguaglianza dei diritti, dove tutto e il contrario di tutto è stato detto e fatto, ogni parola assume un significato ed un peso diverso a seconda di chi la proferisce e di chi l’ascolta.
Le iniziative messe in atto negli ultimi decenni sono tante, diversificate e molte di queste davvero lodevoli. Hanno avuto il merito di portare a progressi che molte donne aspettavano e che alcune nemmeno si sarebbero immaginate.

Eppure…

Stiamo insegnando alle ragazze e ai ragazzi a diventare adulti coraggiosi; a prendersi la responsabilità delle proprie azioni, a non avere paura di esprimere il proprio pensiero e a pretendere che questo venga ascoltato. A far sì che il confronto con l’altro sesso sia qualcosa di sano, naturale e privo di preconcetti. Siamo esseri umani, prima di tutto e loro sembrano capirlo molto meglio di quanto noi adulti possiamo immaginare.

bimbi

Allora perché allenare le ragazze a coltivare le proprie capacità, a crescere e a diventare più forti creando appositamente condizioni speciali, solo per loro, in un contesto ristretto dove MAI nella vita si troveranno?

Perché aprire posizioni a loro riservate, attenuando la competizione maschile e creando una corsia preferenziale, come se si trattasse di una categoria protetta? Abbiamo dubbi sulle loro capacità? Pensiamo davvero che non ce la possano fare altrimenti?

Se i dati dicono che la percentuale di donne nel settore STEM è bassa, il problema è davvero nella competizione maschile?
Crediamo davvero che segregandole ulteriormente il problema sarà risolto?

Non è facendole sentire “al sicuro” dai barbari spietati dei loro compagni che cresceranno più forti, le nostre ragazze. Perché il punto è che non cresceranno, non quanto ci aspettiamo.
Non è credendosi diverse, più o meno smart degli uomini, che diventeranno persone migliori. Perché non è quello l’obiettivo. Non è una gara.

Quando mai capiterà loro, nella vita reale, di trovarsi in un ambiente privo di uomini? E soprattutto, perché questo dovrebbe accadere? In che modo dovrebbe facilitarle?

Perché allenarsi a crescere e ad affinare le proprie capacità insieme ai colleghi dovrebbe rappresentare una minaccia, invece che un valore aggiunto?

E, infine, per non tralasciare un importante aspetto che, se parliamo di parità, non può non interessarci: cosa credete che penseranno i ragazzi, di compagne che hanno preferito starsene “tra loro”?

Come si sentiranno, sapendo che vengono considerati una minaccia, invece che validi alleati? Cosa penseranno di chi ha ritenuto opportuno tenerli fuori da un percorso costruito ad hoc per le donne?

Siamo sicuri di averla pensata giusta?

Ai posteri l’ardua sentenza. Ma, intanto, la nostra possiamo dirla.

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