Non è un mistero e non è nemmeno più una novità che il mondo della ricerca scientifica sia stato e sia ancora un ambiente in cui le donne fanno fatica ad emergere. Molto è stato fatto per invertire questa rotta e le azioni in corso vanno tutte in un unica direzione: promuovere una uguale rappresentanza delle donne a livello accademico, con pari diritti e opportunità. Di poter fare bene il proprio lavoro e in condizioni adeguate, prima di ogni altra cosa.

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Sulle possibili cause alla base di questa difficoltà nel raggiungimento di una situazione più bilanciata sono state fatte diverse ipotesi e ci sono numerosi filoni di ricerca dedicati. Si tratta di sfiducia (verso e da parte delle donne stesse), di mancata considerazione o di altro che ancora non sappiamo? Un aspetto molto interessante a questo proposito riguarda la percezione della donna come attrice della ricerca, il modo in cui viene percepita dall’esterno, dagli addetti ai lavori, dalla comunità. Ma è anche interessante osservare come la donna stessa si vede percepita.

“Cosa pensano di me? Come mi vedono? Mi considerano all’altezza? Sono abbastanza brava?”

Diversi studi su questo tema mettono spesso in luce una tendenza da parte delle donne a mettersi in gioco solo quando sono sicure di avere la sicurezza di un adeguato grado di esperienza, un atteggiamento che va nella direzione di cercare da sé stesse un perfezionismo che spesso, invece, agli uomini non viene richiesto nemmeno da loro stessi.

Come si vedono e cosa vedono le donne?

Ecco la domanda chiave su cui vorremmo focalizzarci, la più importante per cambiare veramente le cose.

Abbiamo chiesto ad alcune di loro, di età e formazione diverse, di raccontarci la propria esperienza personale nel campo della ricerca scientifica e ve le presenteremo ad una ad una nel corso delle prossime settimane.

Stay tuned!

 

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