Oggi vi raccontiamo una storia che è il frutto di incontri, costruzioni di reti di studio e di lavoro, ma soprattutto di trasmissione intergenerazionale della passione per le scienze.
Emma Assi è una ragazza di Monza che studia al liceo scientifico. La bellezza della storia di Emma è nella sua semplicità, ma anche nel mostrare come i modelli professionali e di vita possano aiutare le studentesse nei processi di scelta personale e di studio.
L’ insegnante di scienze di Emma ha saputo attivare la sua curiosità, tanto da farla appassionare alle scienze e alla biologia in particolare. Durante il suo ultimo anno di studi Emma ha partecipato ad attività di orientamento, ha assistito a programmi in televisione che raccontavano del mestiere del “biotecnologo”. Grazie a queste attività, in cui le sono state presentate diverse possibilità, Emma ha capito che quello poteva essere il suo percorso.
“…in realtà mi piacevano le scienze, avevo dieci, era l’unica materia in cui avevo dieci…Avevo un professore di scienze bravissimo. Mi piaceva tutto ciò che era scienza. Negli ultimi anni mi sono chiesta come io abbia fatto questa scelta… Credo fosse la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo. Probabilmente mi affascinava, poter fare del bene e fare cose nuove…”.
La giovane Emma inizia la sua avventura a Milano presso l’Università Statale (Unimi). Qui la protagonista della nostra storia scopre il mondo tentacolare della grande città e di una Università che diventerà la sua seconda casa, dove costruirà le fondamenta della sua vita professionale e personale. Dopo aver studiato biotecnologie durante il percorso triennale, Emma sceglie di specializzarsi in biotecnologie mediche, con la possibilità di conciliare il desiderio di aiutare le altre persone e la passione per la scoperta. Partendo da piccole ricerche di base, deciderà durante il dottorato di studiare il melanoma e il glioma. Scoprire Il perché dei fenomeni scientifici l’ha portata a lavorare su due molecole e a esplorare il loro ruolo nello sviluppo del melanoma e del glioma. Dopo una piccola parentesi post dottorato, all’ospedale San Raffaele di Milano, Emma è ritornata a casa presso UniMI dove ha iniziato a lavorare negli ultimi anni sul diabete di tipo 1. Nella sua nuova avventura per lo studio del diabete di tipo 1 Non solo. Emma è volata per un anno a Boston, dove ha imparato tecniche di studio e nuove realtà organizzative e di ricerca.
In questo percorso di vita, le reti di supporto familiare sono state fondamentali per Emma, le hanno permesso di continuare una carriera difficile caratterizzata dalla precarietà accademica. Dopo un momento di titubanza in cui ha pensato di lasciare la ricerca accademica per lavorare nel mondo delle aziende private, Emma ha capito che il suo vero interesse era fare ricerca universitaria.
“Sappiamo bene come è organizzata la ricerca italiana… a Milano è facile trovare un posto di lavoro, il problema è il precariato accademico…Ad un certo punto del mio percorso ho pensato di andare in azienda, come tutte le mie ex colleghe che ora lavorano in una azienda privata. Ho risposto ad un annuncio, poi mi sono ritrovata nel laboratorio dove attualmente lavoro. Mi piace moltissimo, io avrei cambiato per andare a lavorare in azienda, ma sarebbe stato un ripiego….”
Gli ultimi tre anni di vita di Emma sono stati rivoluzionati dal Covid-19, come per moltз di noi; dopo le prime due settimane di confinamento, infatti, ha lavorato a una linea di ricerca su diabete di tipo 1 e covid, con tutte le incertezze e i rischi che ciò comportava. E nel dicembre 2022 Emma è diventata mamma. La maternità l’ha portata a riorganizzare gli spazi di vita e di lavoro e la rete di supporto familiare è diventata una chiave fondamentale per la conciliazione. La maternità è stato anche il momento in cui le differenze di genere hanno iniziato ad avere più impatto sulla sfera professionale e lavorativa. Fortunatamente Emma non è stata vittima di discriminazioni, ma le è stata rivolta qualche battutina in merito alla gravidanza come fosse stata una sorta di “vacanza”.
“Fino ad adesso sono stata super fortunata. Io sono consapevole della differenza di genere perché ne ho sentite di ogni. Le discriminazioni le vedi perché i capi sono tutti maschi, la maggior parte dei ruoli di comando sono ricoperti da uomini, mentre le donne sono nei laboratori… Le differenze che sto vivendo in quanto donna sono relative al post maternità e alla maternità, purtroppo… A volte c’è stata la battutina – tu sei rimasta incinta tipo come se stessi andando in vacanza…”
Non si vive di sola ricerca, ma la scienza può accompagnarci nella nostra quotidianità; infatti, Emma nel suo tempo libero è una sommelier: in fondo, produrre vino è il risultato di reazioni chimiche!
Alle giovani studentesse che vorrebbero studiare scienze o in particolare biotecnologie consiglia di prepararsi al possibile precariato nel mondo della ricerca, ma di seguire la propria passione e i propri interessi. In particolare, consiglia una esperienza di studio in un paese estero, nei primi anni del percorso universitario, per conoscere altre realtà in una fase della vita dove tutto è in costruzione.
La forza delle reti ha permesso a Emma di conoscere She is a scientist attraverso il racconto di una delle socie fondatrici, Vera Manelli. La possibilità di contribuire anche in minima parte a decostruire gli stereotipi di genere e portare un piccolo cambiamento nei laboratori di ricerca ha invogliato Emma a partecipare alle attività di She is a Scientist.
Ringraziamo Emma per aver condiviso con noi la sua storia e per contribuire con la sua partecipazione al cambiamento che She Is a Scientist porta avanti quotidianamente.