DI GIORGIA CUBEDDU
Il mondo scientifico, si sa, è appannaggio degli uomini bianchi. A provarne l’egemonia vi sono numerosi studi decennali che non solo testimoniano le difficoltà che incontrano le donne e le minoranze razziali ed etniche nelle varie discipline STEM, ma indagano pure le modalità e le ragioni socio-culturali alla base di questo racial e gender gap.
Com’è la situazione per le persone LGBTQ+ nelle STEM?
L’esperienza queer è meno indagata rispetto alle altre minoranze, poiché considerata “minore” per portata e influenza. Tuttavia, per avere un quadro generale della demografia delle discipline STEM e per indagare le ragioni per cui queste risultino un ambiente poco diversificato, è necessario includere anche la variabile dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, che aggiunge complessità ai fenomeni già presenti nei gender e racial gap presenti nell’ambito scientifico.
Negli ultimi anni, fortunatamente, il nucleo di studi sulla comunità LGBTQ+ nelle STEM è stato ampliato, ma restituisce un panorama non molto incoraggiante. Secondo diversi studi, infatti, le persone LGBTQ+ sono sottorappresentate nelle aree scientifiche, incontrano situazioni ostili a livello lavorativo e accademico, e tendono ad abbandonare il contesto STEM in modo allarmante, nonostante la sostanziale assenza di differenze a livello di scolarizzazione, sforzo e serietà lavorativa tra scienziatз queer e non.
Uno studio statunitense del 2021, Systemic inequalities for LGBTQ+ professionals in STEM, attraverso una ricerca multidimensionale e multimetodologica e considerando l’aspetto demografico, l’ambito disciplinare e quello lavorativo, ha trovato ben cinque dimensioni di disuguaglianza che colorano l’esperienza queer nell’ambito STEM. Le persone dichiaratamente appartenenti alla comunità LGBT+, ad esempio, hanno una maggiore possibilità di ricevere molestie di vario tipo, di vedere le loro competenze e il loro lavoro svalutati e, più in generale, segnalano una qualità di vita lavorativa più bassa rispetto ai loro colleghi non LGBT+, tanto da avere complicazioni a livello di salute che lз portano all’abbandono della loro carriera STEM. Inoltre, secondo uno studio del 2013, circa il 40% delle persone LGBT+ nelle STEM ha deciso di non fare coming out al lavoro per paura di ripercussioni o per un clima poco inclusivo. Questo, secondo alcuni dati, sarebbe anche la ragione per cui circa il 30% dei più giovani optano per evitare un percorso scientifico.
A rendere più complicato l’ingresso in un contesto già difficilmente accessibile, vi è la pretesa di depoliticizzazione delle STEM, considerata una delle regole d’oro dell’ambito scientifico per mantenere uno status di neutralità, meritocrazia e obiettività; purtroppo, questi standard sembrano direttamente in contrasto con l’essere una minoranza. Infatti, diverse ricerche mostrano che la ragione per cui le persone queer – e le donne, o le minoranze etniche – non sono ben viste negli ambiti scientifici sia perché sono ritenutз intrinsecamente politicizzatз e dunque biased, fallaci. Tralasciando il fatto che essendo membri di una società ciascuno di noi, anche il più obiettivo, ha dei bias interiorizzati, questa pretesa non fa che mantenere un dominio bianco, maschile e cisetero negli ambiti scientifici: un limite non solo a livello sociale, ma anche a livello di innovazione scientifica e sociale, dato che una maggiore diversità in un gruppo di problem solvers implica un maggiore spettro di intuizioni e punti di vista.
È evidente, dunque, la costruzione artificiale di queste disparità, e ancora più evidente la necessità di decostruirle in modo sinergico.
Alfredo Carpineti, astrofisico e giornalista scientifico, nonché fondatore dell’associazione PRIDE in STEM, attiva nel dare visibilità a tematiche LGBTQ+ e a trovare strategie di equità sociale nelle discipline scientifiche, pone l’esigenza di una decostruzione intersezionale; una decostruzione, insomma, che tocchi più condizioni sociali e che, di conseguenza, consideri diversi livelli di privilegio e subalternità. Troppo spesso, infatti, anche laddove si tenta di essere inclusivi e portare cambiamento, non si tiene in considerazione che ci siano diversi livelli di complessità sociale a influenzare le esperienze di un soggetto. Ad esempio, anche quando si parla di gender gap, spesso non si va ad indagare se queste donne siano queer o di una minoranza etnica – caratteristiche che possono decisamente apportare ulteriori criticità nell’approcciarsi e vivere serenamente l’ambito scientifico; inoltre la maggior parte delle statistiche e delle indagini non tengono in considerazione né che vi siano persone trans i cui documenti ancora non rispecchiano il loro genere, né che una parte della popolazione sia non binary, spesso escludendolз dai campioni, dunque portando così ad un’inevitabile immagine parziale del reale.
È chiaro che vi sia la necessità di ridisegnare il modo in cui si raccolgono i dati, specialmente quando si parla di minoranze che tra loro si intrecciano, così da capire cosa vi è da cambiare e come farlo.
Inoltre, come sostiene Carpineti, si dovrebbe provare a intendere le battaglie sociali – dal gender gap al discorso sull’abilismo alle discriminazioni razziali e di classe – come una matrioska: la maggior parte delle barriere sono molto simili, come si può evincere anche dagli effetti analoghi che lo status quo ha su diverse minoranze, dunque bisogna entrare nel mindset che lottare per una minoranza riguardi e porti benefici a tutte le altre. Ma soprattutto che lottare per i diritti delle minoranze porti effetti positivi a cascata sulla società tutta, anche a coloro che sono al punto più alto nella piramide dei privilegi.
Che strategie si possono attuare per attirare e trattenere scienziatə queer?
Ecco alcune idee:
- Mettere i pronomi accanto alla firma nelle email: non solo è uno statement di allyship ed elimina potenziali situazioni d’imbarazzo o disagio per colleghə trans e non binary, ma aiuta anche a scollegare l’associazione tra capacità scientifiche e caratteristiche biologiche.
- Organizzare campagne e programmi di formazione su tematiche LGBTQ+ e creare network di supporto, con l’obiettivo di creare un ambiente inclusivo.
- Implementare policies contro qualsiasi forma di molestia o maltrattamento.
- Rispettare, ascoltare e aprire la mente per chi ha esperienze diverse.
- Avere role models apertamente queer, perché vedere persone simili a noi in posti di prestigio aiuta ad accrescere l’ambizione e la sicurezza di chi ne è spettatore, nonché a normalizzare che non vi sia solo un archetipo di scienziato, quello bianco cisetero e maschile.
Perché lз scienziatз possono avere qualsiasi etnia, genere e orientamento sessuale, e pure avere disabilità!
“I believe we need an inclusive and intersectional revolution, making sure that we don’t just include people, [but] that they belong in an organisation at every level, and they can prosper, and they want to stay there, and if they have an issue that the issue is taken seriously and not dismissed.”
SITOGRAFIA