DI GIORGIA CUBEDDU

Come ormai è ben noto, nel mondo le donne che hanno intrapreso percorsi accademici e lavorativi nelle discipline STEM rappresentano solo il 35% delle laureate, con differenze particolarmente rilevanti e sconfortanti quando si indaga sulle percentuali femminili nelle singole discipline. Le ragioni di questa sotto-rappresentazione, sia in ambito accademico che lavorativo, sono da ricercarsi in bias di genere che da sempre permeano la nostra società, e che vedono la sfera femminile più portata a questioni umanistiche e di cura, diversamente dalla sfera maschile, più concentrata su carriere scientifiche e self-oriented

In Italia, questa divisione dicotomica è particolarmente evidente ancor prima della carriera universitaria, già a partire dalla preadolescenza, nel periodo decisivo della scelta della scuola superiore.

A riguardo, partendo dai dati dell’Anagrafe Nazionale Studenti, tra il 2014 e il 2017 è stato fatto uno studio per il quale sono stati monitorati gli studenti di tre regioni italiane – Piemonte, Lombardia e Veneto – e le loro performance scolastiche in matematica e italiano in relazione alla loro scelta di scuola superiore.  I risultati sono stati piuttosto eloquenti: a riconferma delle tendenze, i ragazzi scelgono scuole superiori con focus tecnico-scientifico in percentuali molto maggiori rispetto alle ragazze. Tuttavia, ciò che è significativo notificare è l’importanza data al rendimento effettivo nelle materie scientifiche e ai risultati ottenuti. Infatti, se i ragazzi scelgono le loro future carriere scolastiche in aree tecnico-scientifiche anche a fronte di risultati mediocri in matematica e scienze, per le ragazze la scelta della scuola superiore con focus scientifico deve necessariamente essere accompagnata (e giustificata) da una media eccellente in matematica, salvo restando che la percentuale di ragazze in istituti tecnici è sempre particolarmente bassa rispetto ai licei. 

Questo è un primo segnale del fenomeno della leaky pipeline, ovvero il progressivo abbandono delle materie scientifiche da parte delle ragazze. Ma perché ciò avviene? Perché le ragazze non hanno un approccio altrettanto intraprendente nel seguire un percorso scolastico scientifico? 

Qui, purtroppo, entrano in gioco diversi fattori, tra cui uno specifico tipo di bias, il cosiddetto implicit bias, che comprende un insieme di pregiudizi, credenze e convenzioni sociali che interiorizziamo sin dalla più tenera età e che influenzano non solo il modo in cui percepiamo il mondo, ma anche come vediamo noi stessə all’interno di esso e le nostre scelte. Nelle più ampie dinamiche dei pregiudizi di genere, questo è il tipo di bias che ci porta ad  associare il concetto di eccellenza e genialità alle materie scientifiche, e le materie scientifiche alla mascolinità, in un loop che rafforza l’immagine delle STEM come ambienti prettamente maschili e difficilmente accessibili per le ragazze. Non stupisce dunque la bassa percentuale di ragazze che si sente competente abbastanza da poter intraprendere un percorso accademico scientifico. Eppure, diversi studi nel tempo hanno provato che fino all’età di 6 anni circa il 70% delle bambine intervistate, davanti alla richiesta di disegnare unə scienziatə, lə hanno rappresentatə come donna. Un chiaro segnale che l’interesse  per la scienza sia innato nelle bambine tanto quanto nei bambini, e che è solo crescendo, e venendo socializzatə, che i bias si rafforzano tanto da smorzare quel potente 70% sino ad un 25% all’alba dei 13 anni, il momento clou della scuola superiore e, incidentalmente, momento in cui il fenomeno della leaky pipeline si fa più manifesto. 

La domanda successiva è quasi scontata: come si può contrastare questo fenomeno?  

È chiaro, ormai, come questa sia una sfida innanzitutto culturale, per la quale la semplice presenza di insegnanti e genitori incoraggianti e propositivi verso le carriere scientifiche non sono a sufficienza. Serve un ampliamento dell’immaginario culturale e sociale che veda la normalizzazione della presenza delle donne nella scienza, e non solo tramite slogan sull’empowerment femminile o l’esaltazione di poche, eccezionali, figure storiche femminili recluse in brevi trafiletti in anonimi libri di testo. C’è il bisogno di una rappresentazione concreta, di role models femminili appartenenti alle discipline STEM nelle vite delle nuove generazioni, che vadano a sfatare con la loro esperienza e le loro competenze la concezione generalizzata che gli ambienti scientifici non siano posto per una donna. 

È importante sottolineare che non si tratta solo di retorica.  Una delle conseguenze comprovate dell’implicit bias relativo alla differenza di genere è una mancanza di autostima e una generalizzata percezione di incompetenza nella risoluzione dei problemi matematici da parte delle ragazze. Ebbene, diverse ricerche, principalmente internazionali, hanno mostrato come un’esposizione in giovane età a figure professionali femminili nelle discipline STEM porti effettivi vantaggi. Comprovati, infatti, sarebbero l’aumento dell’autostima delle ragazze, una percezione meno sminuita della propria efficacy, un’esperienza più positiva e propositiva nell’affrontare problemi matematici e una minore auto-stereotipizzazione, che porta ad una propensione maggiore a continuare la propria carriera scolastica e lavorativa negli ambiti scientifici. Tutto perché le discipline STEM vengono mostrate come “a misura di donna”. Il contatto diretto durante le lezioni scolastiche, agli incontri, e la condivisione di esperienze e competenze di queste role models non solo riaprono quegli scenari e quelle possibilità che le bimbe di 6 anni riescono ad immaginare prima che le società le vincoli ai ruoli di genere; ma sfatano pure attivamente e concretamente datati stereotipi, attuando vere e proprie azioni di normalizzazione anche agli occhi dei ragazzi,  per i quali vedere donne in carriera, in particolare negli ambiti scientifici, non è più oggetto di pregiudizio, scherno o scetticismo, ma la normalità, perché le donne sono loro pari.

Un cambio di paradigma culturale è essenziale, sia per le nuove generazioni di ragazze che per la società tutta! Per citare l’articolo di N. Larsen, This is what a scientist looks like: the importance of role models in STEM, “Seeing is believing“: la presenza e il contatto diretto con figure di riferimento femminili ampliano ciò che è possibile per le donne, dimostrano i comportamenti e i mindset necessari per ottenere ciò che sanno essere possibile, e ispirano le donne a puntare più in alto di quanto mai immaginato.

˝Seeing people who look like you out there doing the things you want to do makes a difference in believing that it is possible for you too. Exposing girls, especially young women, to visible role models that are working, innovating, teaching and making discoveries in STEM is vital to helping maintain their interest and perseverance in STEM and increases their likelihood of becoming future innovators themselves. This helps them internalize that there is no reason why a women can’t do anything a man can, and helps them grow up naturally assuming that there is no limit to their abilities.˝

N. Larsen
Fonti bibliografiche

Larsen Natalie, This is What a Scientist Looks Like: The Importance of Female Role Models in STEM, Promega Connections, 2022

González-Pérez Susana, Mateos de Cabo Ruth, Sáinz Milagros, Girls in STEM: Is It a Female Role-Model Thing?, Frontiers in Psychology VOL.11, 2020.

Contini Dalit, Di Tommaso Maria Laura, Maccagnan Anna, Mendolia Silvia, La scuola superiore è una scelta di genere, gender gap, scuola, università e ricerca in LAVOCE.INFO, 2022

https://diversity.ldeo.columbia.edu/implicitbias

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